Decreto ingiuntivo: il giudizio di opposizione
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Termini per proporre opposizione a decreto ingiuntivo
Il procedimento per decreto ingiuntivo si caratterizza per avere due fasi:
- la prima (che potrebbe rimanere l’unica) è una fase sommaria, in cui il giudice emana il decreto sulla base delle sole prove documentali prodotte dal ricorrente, senza contraddittorio con il debitore;
- la seconda, eventuale, si ha quando il debitore propone opposizione contro il decreto ingiuntivo, instaurando una causa ordinaria a cognizione piena.
Si è già trattata la fase sommaria in un precedente articolo. La seconda fase inizia allorché, una volta emesso il decreto e notificato al debitore (nel termine di 40 gg. dall’emissione, ai sensi dell’art. 644 C.p.c.), questi proponga opposizione al decreto ingiuntivo.
L’opposizione deve essere proposta nel termine di 40 gg. dalla notifica del decreto, o nel termine eventualmente più breve (minimo 10 gg.) concesso dal giudice che emette il decreto, qualora ritenga che sussistano giusti motivi per abbreviare tale termine.
L’opposizione può essere proposta anche dopo tali termini (opposizione tardiva) ai sensi dell’art. 650 Cpc, in caso di:
- irregolarità della notificazione;
- caso fortuito;
- forza maggiore,
sempre che abbiano causalmente provocato la tardiva conoscenza dell’ingiunzione o la tardiva proposizione dell’opposizione da parte del debitore ingiunto cui sia stato regolarmente notificato il decreto e che, per circostanze indipendenti dalla sua volontà, sia stato nell’impossibilità di agire in giudizio.
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Natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
Nella giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui l’opposizione a decreto ingiuntivo non ha natura di impugnazione, ma dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, in cui il giudice non deve limitarsi a stabilire se l’ingiunzione è stata emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del decreto ingiuntivo, ma è tenuto ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere dal creditore, cioè l’esistenza del credito.
Poiché l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, la stessa non può essere proposta sulla base di motivi attinenti solo ai presupposti per l’emissione del decreto, bensì al merito del credito. Se infatti il credito viene accertato come esistente al termine della causa, il giudice dell’opposizione deve accogliere, nel merito, la domanda, indipendentemente dal fatto che gli elementi probatori sui quali è stato emesso originariamente il decreto ingiuntivo siano ritenuti validi o meno.
Di questo principio la giurisprudenza ha fatto applicazione in vari casi. Si è così ritenuto che, qualora la banca abbia ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento del capitale e interessi per lo scoperto di c/c, e il debitore abbia proposto opposizione deducendo la nullità della clausola sulla capitalizzazione trimestrale degli interessi, l’accoglimento della domanda del correntista non travolge l’intero credito azionato dalla banca in via monitoria, bensì la sola parte di esso riguardante gli interessi così calcolati, imponendo al giudice di provvedere ad un nuovo calcolo degli interessi dovuti.
Analogamente, se un decreto ingiuntivo viene notificato oltre il termine di 40 gg. dalla pronuncia, e il debitore propone opposizione eccependo l’inefficacia del decreto, il giudice della causa di opposizione ha il potere-dovere non soltanto di esaminare tale eccezione), ma anche di decidere sulla fondatezza del diritto di credito.
L’accertamento sulla legittimità dell’emissione del decreto ingiuntivo nella causa di opposizione può tuttavia avere rilievo in due casi:
- ai fini del regolamento delle spese della fase sommaria;
- ai fini della decisione circa l’esecuzione provvisoria dello stesso, nel senso che la mancanza delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo impedisce la concessione dell’esecutività del decreto in corso di causa.
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Le regole processuali nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
Anche nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo si applicano le ordinarie regole processuali; il creditore opposto (convenuto in senso formale) mantiene la veste di attore sostanziale, mente il debitore opponente (attore formale) quella di convenuto.
Di conseguenza:
- per quanto attiene all’onere della prova, sul convenuto opposto (creditore) incombe l’onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa, mentre sarà l’attore opponente (debitore) a dover dimostrare eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa fatta valere dal creditore;
- per quanto attiene ai poteri ed alle preclusioni di ordine processuale previsti per ciascuna delle due parti, il debitore opponente può citare unicamente il creditore che ha ottenuto il decreto ingiuntivo; qualora il debitore opponente intenda chiamare in giudizio un terzo, dovrà chiedere l’autorizzazione al giudice della causa di opposizione.
L’opponente può proporre, nello stesso atto di opposizione, tutte le domande riconvenzionali nei confronti del creditore opposto che potrebbe formulare in qualità di convenuto in un ordinario giudizio di cognizione. La domanda riconvenzionale proposta dall’opponente nel giudizio di opposizione:
- può essere fondata su un titolo giustificativo diverso dalla pretesa principale;
- non è travolta dalla eventuale inammissibilità o improcedibilità della domanda principale relativa al credito per cui è stato emesso il decreto;
- deve essere esaminata e decisa anche se sia dichiarata inammissibile la domanda principale.
Solo l’opponente, nella sua qualità sostanziale di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, e non l’opposto, il quale, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può proporre domande diverse da quelle fatte valere con il decreto ingiuntivo. Le uniche domande nuove che, secondo la giurisprudenza, sono proponibili dall’opposto sono quelle che nascono dalla eventuale domanda riconvenzionale proposta dall’opponente, per la quale l’opposto si verrebbe a trovare nella posizione sostanziale di convenuto (reconventio reconventionis).
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La sospensione della provvisoria esecuzione
Il debitore opponente può chiedere la sospensione della provvisoria esecuzione concessa al decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 642 c.p.c (art. 649 c.p.c.), qualora non sussistano più i presupposti che avevano giustificato la concessione di tale provvedimento.
Pertanto, se la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo era stata concessa sulla base della documentazione probatoria offerta dal creditore ai sensi del comma 1 dell’art. 642, l’esecuzione potrà essere sospesa quando la contestazione del debitore, faccia venire meno il fumus boni juris del creditore; è il caso classico del disconoscimento della firma apposta sul titolo di credito posto a base del decreto, o dell’eccezione di prescrizione del titolo di credito azionato.
Nel caso invece in cui la provvisoria esecuzione sia stata concessa per un pericolo di grave pregiudizio nel ritardo (art. 642 comma 2), la sospensione potrà essere concessa qualora emergano fatti o circostanze dopo la pronuncia del decreto idonei a far venire meno il periculum.
L’ordinanza con cui viene sospesa la provvisoria esecuzione del decreto non è soggetta ad impugnazione, né, in caso di rigetto, l’istanza può essere riproposta.
Quando il giudice dell’opposizione sospende la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, viene sospeso il processo esecutivo eventualmente promosso dal creditore (art. 623 cpc) e non possono essere compiuti ulteriori atti esecutivi. Tuttavia, la sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto non revoca l’efficacia del decreto ingiuntivo quale titolo esecutivo e non determina, quindi, l’estinzione del procedimento esecutivo intrapreso in forza del medesimo, né incide sulla legittimità degli atti esecutivi già compiuti, che quindi restano validi. In particolare, la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo non comporta la cancellazione dell’ipoteca iscritta in forza del decreto esecutivo.
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L’esito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
Se il giudizio di primo grado si conclude con il rigetto dell’opposizione:
- cessano gli effetti della sospensione disposta dal giudice della cognizione e il decreto ingiuntivo riprende forza di titolo esecutivo, con la conseguente possibilità di riassumere il procedimento esecutivo in precedenza sospeso;
- il decreto acquista – ove non l’abbia già – efficacia esecutiva (art. 653 comma 1 c.p.c.). Il titolo esecutivo è il decreto e non la sentenza in quanto questa nulla aggiunge al contenuto della sanzione esecutiva.
- il giudice liquida le spese relative al solo giudizio di opposizione, giacché quelle liquidate nell’ingiunzione restano ferme, unitamente al contenuto della stessa.
Se invece l’opposizione viene accolta, il decreto ingiuntivo è revocato dalla relativa sentenza e gli atti esecutivi eventualmente compiuti sono caducati immediatamente, a prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza.
Ogni pagamento, anche parziale, intervenuto nel corso del giudizio di opposizione impone la revoca del decreto opposto e l’emissione di sentenza che, sostituendosi al decreto, pronuncia nel merito con eventuale condanna per la parte residua del debito non estinto, ove il diritto del creditore risulti provato. Spetta, poi, al giudice dell’opposizione valutare, anche in relazione al profilo temporale, il o i pagamenti nelle more intervenuti, ai fini della liquidazione delle spese.
Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito solo dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti in cui la sanzione esecutiva era stata già legittimamente inflitta dal decreto (art. 653, secondo comma, c.p.c.). Nel concetto di “atti di esecuzione già compiuti in base al decreto” rientrano non soltanto gli atti del processo di esecuzione, ma tutti i possibili effetti dell’esecutività del decreto, compresa l’ipoteca iscritta sulla base dell’esecutività del decreto stesso.
La dichiarazione (con ordinanza) di estinzione del processo di opposizione (ad esempio per rinuncia agli atti del giudizio da parte dell’opponente) comporta che il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva (art. 653, primo comma, c.p.c.).
Avv. Valerio Pandolfini