Decreto ingiuntivo (di pagamento): quando e come può essere ottenuto?
Il decreto ingiuntivo consente al creditore di ottenere una tutela in tempi più rapidi rispetto a quelli di un processo ordinario, in quanto il giudice effettua una valutazione sommaria, senza contraddittorio con il debitore, circa l’esistenza del credito. Tuttavia, proprio per questo un decreto ingiuntivo può essere emesso solo in determinati casi, previsti dalla legge, in cui il diritto del creditore appare particolarmente evidente. In particolare, occorre che la somma per cui viene richiesto il decreto sia liquida ed esigibile, e che il creditore dia prova scritta del credito.
1. Caratteristiche del decreto ingiuntivo
Come è noto, il decreto ingiuntivo consente al creditore di ottenere una tutela in tempi notevolmente più rapidi rispetto a quelli di un processo ordinario (a cognizione piena). Il procedimento monitorio (o per ingiunzione), che culmina appunto nell’emissione di un decreto ingiuntivo, si caratterizza infatti per essere un procedimento sommario, in quanto la decisione del giudice è emanata:
- in assenza di contraddittorio;
- sulla base delle sole prove documentali prodotte dal ricorrente (senza che il debitore abbia avuto modo di prendere posizione sulle stesse).
Il contraddittorio con il debitore è rinviato ad una successiva (eventuale) fase, allorché il debitore proponga opposizione, instaurando così una causa a cognizione piena.
Proprio per tale motivo (cioè che, contrariamente alle regole generali dell’ordinamento, per il fatto che il decreto è emesso dal Giudice in esito a una valutazione sommaria, senza contraddittorio con il debitore) il decreto può essere emesso solo in determinati casi, previsti dalla legge, in cui il diritto del creditore appare particolarmente evidente.
In altri termini, la tutela particolare accordata a un creditore, costituita dal fatto che lo stesso può ottenere un ordine del giudice di pagare un determinato importo, senza che il debitore venga sentito, è subordinata dalla legge alla condizione che il creditore stesso offra al giudice una dimostrazione evidente circa l’esistenza e l’ammontare del proprio credito.
Quando infatti viene richiesta dal creditore una ingiunzione di pagamento di una somma di denaro, il decreto ingiuntivo può essere emesso solo qualora ricorrano due requisiti (art. 633 comma 1 c.p.c.), cioè qualora la somma richiesta sia:
- liquida;
- esigibile;
- fondata su prova scritta.
L’esistenza di questi requisiti deve essere adeguatamente vagliata dal legale del creditore prima di procedere al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo. Vediamo in che cosa consistono tali requisiti.
2. La liquidità del credito
In primo luogo, per ottenere un decreto ingiuntivo l’importo per il quale il creditore richiede l‘emissione dello stesso deve essere liquido, cioè esattamente determinato nel suo ammontare, sulla base di una semplice operazione aritmetica.
Questo significa che non può essere emesso un decreto ingiuntivo qualora la condanna dal debitore dipenda da una pronuncia di risoluzione del contratto. In tal caso infatti il diritto di credito sorge soltanto con la sentenza di risoluzione, che non può essere emessa in sede di ingiunzione ma presuppone una causa ordinaria. ovviamente avente natura costitutiva e non di mera condanna, che non può trovare ingresso in sede monitoria. Quindi ad esempio, se un soggetto ha acquistato un bene e questo non gli viene consegnato o è viziato, non potrà ottenere, con decreto ingiuntivo, la restituzione del prezzo pagato al venditore inadempiente, dato che tale pronuncia di condanna presuppone una sentenza di risoluzione del contratto di compravendita.
Analogamente, non è possibile ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo avente ad oggetto il risarcimento di danni, che non siano stati preventivamente quantificati dalle parti. Non è quindi possibile ottenere un decreto ingiuntivo per ottenere il danno da svalutazione monetaria, che non può essere riconosciuto automaticamente sulla base dell’inflazione o dei dati Istat, ma deve essere valutato caso per caso, con riferimento alle qualità e condizioni della categoria cui appartiene il creditore, dimostrati da quest’ultimo.
Può essere invece ottenuto un decreto ingiuntivo se il risarcimento del danno è determinabile sulla base delle previsioni contrattuali, come nelle ipotesi di caparra confirmatoria o penitenziale, ovvero in quella della clausola penale, o quando il credito dipenda dall’esercizio di un diritto potestativo del ricorrente, come nel caso della clausola risolutiva espressa prevista dall’art. 1456 c.c.. In tali casi infatti il diritto di credito non è soggetto ad una previa pronuncia giudiziale, né in ordine alla risoluzione del rapporto, né in ordine alla determinazione del quantum.
3. L’esigibilità del credito
Un decreto ingiuntivo può essere inoltre emesso solo qualora il credito sia esigibile, cioè già scaduto.
Non può quindi essere emesso un decreto ingiuntivo per il pagamento di un credito che dipenda da una condizione sospensiva non verificatasi, o da una controprestazione non ancora adempiuta. In tal caso, tuttavia, il creditore ricorrente ha l’onere di offrire elementi atti a fare presumere l’adempimento della prestazione o l’avveramento della condizione (art. 633, comma 2°, c.p.c.).
Può essere emesso un decreto ingiuntivo quando non sia stato fissato un termine di adempimento, ben potendo il creditore esigere immediatamente la prestazione (art. 1183 c.c.), o sia stato fissato un termine a favore del creditore (art. 1185 c.c.)
Se, invece, il termine è stato previsto a favore del debitore, il creditore dovrà attendere la scadenza prevista prima di procedere al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, salvo che si sia verificata la decadenza del debitore dal beneficio del termine, per i motivi tassativamente indicati dall’art. 1186 c.c. (ad esempio perché il debitore è divenuto insolvente), e ciò sia comprovato dal creditore con idoneo atto scritto.
4. La prova scritta del credito
Il terzo – e probabilmente più importante – requisito per l’emissione di un decreto ingiuntivo è l’esistenza di una prova scritta circa l’esistenza del credito.
La prova scritta richiesta per l’emissione di un decreto ingiuntivo ha caratteristiche diverse rispetto a quella dell’ordinario processo di cognizione. Ai fini dell’emissione di un decreto ingiuntivo è infatti sufficiente qualsiasi documento, proveniente dal debitore o dal terzo, idoneo a dimostrare il diritto di credito, anche se privo di efficacia probatoria assoluta.
In proposito, l’art. 634 c.p.c. elenca tra le prove scritte che possono fondare l’emissione di un decreto ingiuntivo anche mezzi istruttori che, nell’ambito di un processo ordinario di cognizione, non avrebbero alcuna rilevanza. Ciò naturalmente agevola il creditore nell’ottenimento di un decreto ingiuntivo; tale agevolazione viene tuttavia meno qualora il debitore proponga opposizione al decreto, instaurando così una ordinaria causa di cognizione, rendendo così necessario per il creditore fornire piena prova del credito.
Ad esempio, le scritture private, che nel processo ordinario costituiscono prova solo se la loro provenienza è certa, costituiscono prova sufficiente ai fini dell’emanazione di un decreto ingiuntivo anche a prescindere da tale accertamento; dunque costituisce prova scritta una scrittura privata sottoscritta dal debitore, anche quando non sia autenticata né riconosciuta o giudizialmente verificata.
A tale categoria viene per lo più ricondotta l’e–mail proveniente dal debitore e contenente una promessa di pagamento. la giurisprudenza prevalente ritiene infatti che, poiché la e-mail è un documento informatico, recante una firma elettronica semplice, costituita dalla combinazione di username e password, essa consente l’associazione della stessa al titolare della casella di posta da cui il messaggio è stato spedito, e come tale la sua efficacia è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell’art. 20, D.lgs. n. 82/2005 (tenuto conto che ha efficacia di piena prova, ai sensi dell’art. 21 del menzionato decreto, solo il documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale).
Inoltre, gli estratti autentici delle scritture contabili (in particolare, l’estratto autentico del libro giornale), diversamente da quanto accade nel processo ordinario, possono essere utilizzate dall’imprenditore per l’emissione di un decreto ingiuntivo anche nei rapporti con un non imprenditore, purché regolarmente bollati e vidimati nelle forme di legge e regolarmente tenuti (art. 634 comma 2 c.p.c.).
Qualora invece le scritture contabili non siano bollate e vidimate, oppure prive dell’attestazione di regolare tenuta, non possono costituire idonee prove scritte per l’emissione del decreto ingiuntivo. Questo principio è valido ancora oggi dopo che l’obbligo della bollatura e vidimatura delle scritture contabili è stato abrogato dalla L. n. 383/2001, la quale ha modificato l’art. 2215 c.c., prevedendo come adempimento obbligatorio la sola numerazione progressiva in ogni pagina. Qualora il creditore intenda quindi ottenere un decreto ingiuntivo sulla base delle proprie scritture contabili, le stesse dovranno essere bollate, vidimate e regolarmente tenute, e prodotte in estratto autentico.
4.1. La fattura come prova scritta per l’emissione di un decreto ingiuntivo
La fattura, anche se priva della relativa bolla di consegna, può costituire prova del credito (avente ad oggetto il pagamento del prezzo di beni oggetto di compravendita), limitatamente alla fase di emissione del decreto ingiuntivo.
Quando le fatture venivano emesse in forma cartacea, si richiedeva per l’emissione del decreto ingiuntivo il deposito dell’estratto notarile autentico delle scritture contabili in cui erano annotate, per verificare la conformità dei documenti prodotti agli originali. A seguito dell’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica (D.lgs. n. 127/2015), la fattura elettronica è già di per sé titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo, senza quindi obbligo di deposito dell’estratto autentico delle scritture contabili.
Poiché infatti il sistema di interscambio genera documenti informatici autentici e immodificabili, che costituiscono documenti informatici indistinguibili dagli originali, e poiché il D.lgs. n. 127/2015 prevede che i soggetti obbligati all’emissione di fattura elettronica sono esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri, deve ritenersi che per tali soggetti sia venuto meno anche l’obbligo di tenere tali registri, e di conseguenza l’obbligo di produrli ai fini dell’ottenimento di un decreto ingiuntivo.
In proposito il D.Lgs. n. 164/2024 (c.d. Riforma Cartabia) ha precisato che, ai fini dell’emissione di un decreto ingiuntivo, è considerata prova scritta del credito la fatture elettronica trasmessa tramite il Sistema di interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate, equiparando in tal modo la fattura elettronica a quella cartacea annotata nelle scritture contabili.
Occorre tuttavia considerare che, se la fattura è sufficiente per l’emissione di un decreto ingiuntivo, qualora il debitore proponga opposizione , istaurando una causa ordinaria avente ad oggetto l’accertamento del credito, la sola fattura non costituisce prova del credito, che dovrà essere dimostrato dal creditore attraverso gli ordinari mezzi di prova. Ciò in quanto la fattura è un documento unilaterale proveniente dal creditore, e che quindi non può di per sé fornire prova né dell’esistenza del rapporto contrattuale su cui si fonda, né del corrispettivo pattuito.
In caso di opposizione (ma è comunque opportuno anticipare tale deposito già al momento del ricorso per decreto ingiuntivo) il creditore – sul quale grava l’onere di dimostrare l’esistenza e l’ammontare del credito – deve quindi depositare il contratto e/o l’accordo scritto tra creditore e debitore, da cui è originato il credito (come l’ordine di acquisto o il preventivi accettato), altrimenti il creditore . Da ciò consegue l’importanza per le imprese di contare su una adeguata contrattualistica interna, in modo da ottimizzare l’attività di recupero dei crediti.
L’opposizione del debitore dà infatti luogo ad un giudizio a cognizione piena sull’esistenza del credito dedotto dal ricorrente in via monitoria, nel quale riprendono vigore le consuete regole relative all’efficacia probatoria dei documenti; prima tra tutti quella per cui un atto unilateralmente predisposto dal creditore, come la fattura, è privo di efficacia probatoria in ordine all’esistenza dei fatti costitutivi del credito azionato.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza, la fattura può comunque rappresentare un indizio circa la stipulazione del contratto e l’esecuzione della prestazione indicata nella fattura stessa, e qualora sia stata accettata dal debitore, ovvero non contestata dallo stesso prima dell’emissione del decreto ingiuntivo, può fornire piena prova dica l’esistenza del credito.
5. Il procedimento per ingiunzione
Il procedimento monitorio ha inizio con la domanda di ingiunzione di pagamento, che si propone con ricorso davanti all’autorità giudiziaria competente (per valore e per territorio), al quale devono essere allegati i documenti probatori del credito.
Per quanto riguarda la competenza territoriale, il ricorso deve essere proposto, in linea generale, davanti al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza o il domicilio, e se sono sconosciuti, il luogo in cui ha la dimora (art. 18 comma 1 c.p.c.); se il convenuto non ha residenza, dimora nella Repubblica o sono sconosciute, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore.
Vi sono tuttavia dei fori facoltativi (cioè che concorrono con il criterio generale sopra menzionato), in particolare per le cause in materia di obbligazioni (art. 20 c.p.c.), in cui è competente il giudice del luogo in cui l’obbligazione è sorta (forum obligationis) o deve essere eseguita (forum solutionis). Inoltre vi sono dei fori esclusivi (ovvero che derogano al criterio generale sopra menzionato), quale in particolare il foro esclusivo del consumatore, che prevede la competenza del giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore (art. 33 comma 2 D.lgs. n. 206/2005).
Per quanto concerne la competenza per valore, a seguito delle ultime novità legislative, per il pagamento di somme di denaro fino a Euro 10.000,00 è competente il Giudice di pace, mentre le per i crediti eccedenti tale importo è competente il Tribunale.
Non è necessario che il deposito del ricorso per ingiunzione sia preceduto dall’esperimento del procedimento di mediazione. La mediazione diventa tuttavia condizione di procedibilità nella eventuale fase di opposizione, intrapresa per iniziativa del debitore contro il quale il creditore ha ottenuto il decreto ingiuntivo
Il giudice, verificata in modo sommario l’esistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione, emette il decreto ingiuntivo, con il quale viene appunto ingiunto (ordinato) alla parte debitrice di pagare la somma dovuta, con l’avvertimento che nel termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto – termine che, su istanza del ricorrente, può essere anche abbreviato o esteso – può essere proposta opposizione e che, in difetto, si procederà ad esecuzione forzata (cioè pignoramento).
Ai sensi dell’art. 640, comma 1°, c.p.c., il giudice può invitare il ricorrente a integrare la documentazione esibita ai fini dell’ottenimento del decreto ingiuntivo, qualora la domanda appaia non sufficientemente fondata (ad es. sotto il profilo probatorio).
Assime all’ingiunzione di pagamento, il giudice liquida (cioè, determina) le spese del procedimento d’ingiunzione, che vengono poste a carico della parte debitrice; su questo si veda il par. seguente.
Il decreto ingiuntivo, una volta emesso, deve essere notificato al debitore, a cura del creditore ricorrente, entro 60 giorni dalla data di emissione (90 giorni se il debitore è residente all’estero), a pena di inefficacia del decreto stesso. Tuttavia, qualora il creditore notifichi il decreto ingiuntivo oltre il termine ora menzionato, il debitore ha l’onere di fare valere detto ritardo proponendo opposizione, altrimenti il decreto è comunque efficace.
Dal momento della notifica decorre il termine per l’eventuale opposizione da parte del debitore. Qualora il debitore non proponga opposizione entro tale termine, il decreto ingiuntivo diventa definitivo ed esecutivo, e può quindi essere promossa l’esecuzione forzata (cioè pignoramento).
Vi sono tuttavia dei casi in cui, ancor prima che il decreto ingiuntivo divenga definitivo per mancata opposizione nei termini, esso può essere già emesso immediatamente esecutivo; inoltre, nonostante che sia stata promossa opposizione da parte del debitore ingiunto, il decreto ingiuntivo può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo nel corso della causa di opposizione. Su questo argomento si veda l’approfondimento nell’apposito articolo.
6. I costi del decreto ingiuntivo
Per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo, il creditore deve sopportare alcuni costi. Tali costi saranno poi addebitati al debitore nel decreto ingiuntivo (posto che, come si è detto, nel decreto il Giudice liquida le spese legali ponendole appunto a carico del debitore). Essi sono di due tipi:
- costi burocratici, dovuti allo Stato al momento del deposito del ricorso per ingiunzione;
- onorari spettanti all’avvocato che assiste il creditore.
I costi burocratici consistono nel c.d. contributo unificato, che deve essere versato allo Stato al momento del deposito del ricorso per ingiunzione, e nelle e nelle spese di notifica del decreto. Essi sono dovuti come segue:
Gli onorari dell’avvocato (che vengono come si è detto liquidati dal Giudice nel decreto ingiuntivo e posti a carico del debitore) sono determinati sulla base di un’apposita tabella ministeriale, e sono stabiliti come segue:
Occorre peraltro evidenziare che, indipendentemente da quanto previsto nella tabella ministeriale, il creditore può pattuire con il proprio avvocato un diverso onorario; è quindi possibile concordare onorari inferiori o più elevati rispetto a quelli previsti nelle tabelle (fermo restando che, in quest’ultimo caso, la parte di onorario superiore quella liquidata dal giudice nel decreto ingiuntivo non potrà essere addebitata al debitore), o onorari in percentuale sul valore del credito (non essendo invece consentiti dalla legge professionale forense onorari in percentuale sul risultato, cioè in questo caso sull’effettivo incasso del credito).
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Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Recupero Crediti
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