La cessione dei crediti nei confronti della P.A.
La cessione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della P.A. è un tema sempre di grande attualità ed interesse. Le operazioni di cessione di crediti vantati verso lo Stato, gli enti pubblici e le strutture sanitarie sono soggette ad una normativa complessa, stratificata nel tempo e non sempre chiara e coerente. Tale normativa deroga ad alcuni principi generali sulla cessione dei crediti, contenuta nel Codice civile, assegnando alla P.A. ancora una posizione di privilegio. Le principali differenze rispetto alla disciplina generale riguardano da una parte la libera cedibilità del credito e la sua opponibilità al debitore ceduto pubblico, e dall’altra la forma richiesta per l’atto di cessione. Vediamo quali sono i profili essenziali di tale disciplina speciale.
1. La cessione di crediti nei confronti di enti pubblici
La cessione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della PA è un tema sempre di grande attualità ed interesse. Spesso le operazioni di cessione di crediti vantati dalle imprese verso lo Stato, gli enti pubblici e le strutture sanitarie avvengono tramite il factoring, che rappresenta per le imprese fornitrici della P.A. non solo una fonte di sostegno della liquidità, ma anche un servizio gestionale ad elevato valore aggiunto, in considerazione della frequente complessità dei rapporti amministrativi con gli enti pubblici.
Tali operazioni sono tuttavia soggette ad una normativa complessa, stratificata nel tempo e non sempre chiara e coerente. Le singole discipline del settore che regolano la cessione dei crediti vantati verso la P.A. presentano delle differenze più o meno marcate rispetto alla disciplina generale della cessione del credito, contenuta negli articoli 1260 e seguenti del Codice civile.
Tali differenze sussistono qualora il debitore ceduto sia un soggetto pubblico, e ancor più qualora il credito oggetto di cessione derivi da un contratto pubblico. Esse sono motivate da esigenze di tutela dell’interesse pubblico, e in particolare dall’esigenza di evitare che durante l’esecuzione della prestazione contrattuale possano venire meno le risorse finanziarie del soggetto privato, compromettendo la regolare esecuzione del rapporto.
2. La necessità del consenso della P.A. alla cessione
La prima importante differenza che si riscontra rispetto alla disciplina generale sulla cessione dei crediti, contenuta nel Codice civile ha riguardo alla libera cedibilità del credito ed alla sua opponibilità al debitore ceduto.
In base all’art. 1260 e ss. del Codice civile, la cessione del credito si realizza al momento stesso della conclusione del relativo contratto di cessione, ed è efficace nei confronti del debitore ceduto nel momento in cui è stata a questi notificata o è stata da questi accettata; vige inoltre il generale principio di libera cedibilità del credito, in base al quale ogni credito può formare oggetto di cessione, salvo i limitati e specifici casi di esclusione previsti dalla legge, dalle parti o derivanti dalla natura personale del credito stesso.
Nella disciplina generale del Codice Civile, dunque, per la cessione del credito:
- non è previsto alcuno specifico requisito di forma;
- non è necessaria l’accettazione del debitore ceduto;
- la notifica e l’accettazione di cui all’art. 1264 c.c. (che non incidono sulla validità del negozio) non richiedono particolari requisiti di forma, ma rappresentano solo condizioni affinché la cessione divenga efficace (cioè opponibile) al debitore ceduto e ai terzi.
Nel caso invece in cui il debitore ceduto sia (non già un privato, bensì) un soggetto pubblico, vige una disciplina parzialmente diversa.
Qualora infatti il credito che forma oggetto di cessione sia sorto in occasione di un contratto pubblico, la disciplina applicabile alla cessione si discosta in modo più marcato da quella generale del Codice Civile, dato l’interesse pubblico alla regolare esecuzione della prestazione contrattuale, la cui tutela impone di evitare che durante tale prestazione possano venir meno le risorse finanziarie del soggetto obbligato verso la P.A. possa così risultare compromessa la regolare prosecuzione del rapporto.
L’art. 9 della L. 2248/1865, Allegato E prevedeva che, in deroga al principio generale dell’art.1260 c.c., qualora inoltre la cessione del credito derivi da un contratto in corso di esecuzione, il creditore cedente deve chiedere il consenso al debitore ceduto P.A.
Il successivo R.D. 2440/1923 ha, poi, a sua volta dedicato una specifica disciplina alle somme dovute dalle amministrazioni per somministrazioni, forniture e appalti richiamando, le previsioni contenute nel citato art. 9 della L. 2248/1865, allegato E.
La cessione dei crediti vantati nei confronti di un ente pubblico e ancora in corso di esecuzione è quindi subordinata alla preventiva adesione della P.A.; in altri termini, affinché la cessione sia opponibile ad un ente pubblico è necessario che quest’ultimo esprima il proprio consenso espresso.
Tale disciplina si applica alle cessioni derivanti da somministrazioni, forniture e appalti, ossia alle figure negoziali riconducibili alla categoria dei contratti di durata, rispetto ai quali il legislatore ha ravvisato, in deroga al principio generale della cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore (art. 1260 c.c.), l’esigenza di garantire la regolare esecuzione, evitando che, durante la stessa, possano venir meno le risorse finanziarie al soggetto obbligato, compromettendo così l’ulteriore e regolare prosecuzione del rapporto.
Relativamente ai contratti di durata, in corso di esecuzione, dunque, la P.A. ha la possibilità (ergo il privilegio) di rifiutare la cessione del credito. Quando l’atto di cessione dei crediti non è espressamente accettato dall’amministrazione ceduta, lo stesso non è opponibile all’autorità pubblica coinvolta.
Tale privilegio spetta allo Stato e agli enti pubblici territoriali, non ad altri enti pubblici, come ad es. le aziende sanitarie locali, la cui organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato nel rispetto della normativa regionale di riferimento. Ne consegue che in caso di cessione dei crediti ritualmente notificata, la mancata accettazione o il rifiuto da parte di un’azienda sanitaria locale non ha alcun effetto sulla validità della stessa, e la cessione è pienamente opponibile nei confronti dell’ente (v. Trib. Milano, 11.11.2020, n. 7130).
Secondo la giurisprudenza costante, invece, una volta conclusosi il rapporto contrattuale torna ad applicarsi la regola generale di cui all’art. 1264 c.c., secondo cui l’efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto richiede esclusivamente la notificazione a quest’ultimo.
3. La forma del contratto di cessione del credito nei confronti della P.A.
Un secondo elemento che caratterizza la disciplina speciale della cessione del credito verso la P.A. è rappresentato dalla peculiare forma richiesta per l’atto di cessione.
A tal riguardo, l’art. 69 R.D. 2440/1923 prevede infatti che le cessioni del credito devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata da notaio, e devono essere notificate alla P.A. L’art. 70 R.D. 2440/1923 dispone inoltre che le cessioni devono indicare il titolo e l’oggetto del credito che si intende cedere e non possono cedersi, con un solo atto, crediti verso amministrazioni diverse.
Tali norme, dunque, prescrivono, a pena di inefficacia, che, qualora il debitore sia una P.A., la cessione del credito deve rivestire specifici requisiti di forma e di contenuto, e deve essere notificata alla P.A., al fine di consentire una migliore tutela dell’interesse pubblico.
Vi è dunque una ulteriore deroga al principio generale del Codice civile, in quanto non vi è la possibilità per il cessionario di dimostrare in altro modo, diverso dalla notificazione, l’avvenuta conoscenza della cessione da parte della P.A.; qualora pertanto una cessione sia realizzata in forme diverse, essa è valida nei rapporti tra cedente e cessionario – trattandosi di atto avente natura consensuale – ma è inefficace e inopponibile alla P.A.
Trattandosi di inefficacia della cessione nell’interesse esclusivo del debitore ceduto, il pagamento eventualmente effettuato in buona fede al cedente anziché al cessionario, pur dopo che la cessione, non effettuata nelle forme indicate, gli sia stata notificata, è liberatorio (v. Cass. n. 15153/2000); il debitore ceduto, pertanto, è il solo legittimato a farla valere.
4. La cessione dei crediti derivanti da contratti di appalto con la P.A.
Ai sensi dell’art. 106 comma 13 del D.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), la cessione di crediti derivanti da un contratto di appalto è efficace e opponibile alla stazione appaltante (amministrazione pubblica), qualora questa non la rifiuti con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro 45 giorni dalla notifica della cessione.
Tale norma riflette il mutato contesto giuridico – e in particolare, l’entrata in vigore della Costituzione – in base al quale ai privilegi della P.A., funzionali alla tutela dell’interesse pubblico, si contrappone l’autonomia negoziale dei privati, che verrebbe incisa dalla facoltà riservata al debitore pubblico di non accettare la cessione del credito. Inoltre, la necessità di rendere più celere la cessione dei crediti derivanti da appalti pubblici ha giustificato l’introduzione di un termine entro il quale l’amministrazione ceduta può opporsi alla cessione.
L’art. 106, comma 13, del Codice dei Contratti Pubblici prevede quindi che:
- ai fini dell’opponibilità alla P.A. (stazioni appaltanti), le cessioni di crediti devono essere stipulate mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e devono essere notificate alle amministrazioni debitrici;
- le cessioni di crediti derivanti da corrispettivi di appalti pubblici sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche qualora queste non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro 45 giorni dalla notifica della cessione.
Pertanto, in assenza di rifiuto espresso della cessione da parte della P.A. la cessione stessa si ha per accettata, con conseguente legittimazione del creditore ceduto ad agire per la riscossione del credito ceduto. A tal fine non è rilevante la circostanza che, anche a seguito della cessione, la P.A. continui a corrispondere gli importi relativi alle fatture cedute direttamente all’originario appaltatore, trattandosi di pagamenti non liberatori nei confronti del cessionario.
Occorre peraltro considerare che l’art. 117 comma 4-bis della L. n. 77/2020 (che ha convertito il DL n. 34/2020) ha introdotto, con riferimento ai crediti sanitari, un meccanismo di silenzio-rifiuto, che può rappresentare un ostacolo alla cessione dei crediti nei confronti degli enti sanitari nazionali.
Tale norma prevede infatti che i crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili, vantati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale in conseguenza di accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.lgs. n. 502/1992, ove non certificati mediante la piattaforma elettronica di cui alla L. n. 64/2013, possono essere ceduti solo a seguito di notificazione della cessione all’ente debitore e di espressa accettazione da parte di esso; l’ente debitore comunica al cedente e al cessionario l’accettazione o il rifiuto della cessione del credito entro 45 giorni dalla data della notificazione, decorsi inutilmente i quali la cessione si intende rifiutata. In ogni caso la cessione dei crediti, anche se certificati mediante la piattaforma elettronica, deve essere notificata all’ente debitore con l’indicazione puntuale degli estremi delle singole partite creditorie cedute.
5. La cessione di crediti da appalto pubblico realizzata con un’operazione di cartolarizzazione
Una specifica disciplina regolamenta l’ipotesi in cui i crediti vantati nei confronti di una stazione appaltante in virtù di un appalto pubblico formano oggetto di un’operazione di cartolarizzazione.
La cartolarizzazione costituisce un’operazione finanziaria che si articola nella cessione a titolo oneroso di uno o più crediti pecuniari ad una società veicolo (special purpose vehicle, SPV) la quale, per ottenere la provvista necessaria all’acquisto dei crediti, emette titoli destinati ad essere collocati presso investitori istituzionali, professionali e non, per poi provvedere alla riscossione dei crediti ceduti ed alle attività ad essa finalizzate. Le somme incassate dai debitori ceduti vengono poi destinate, in via esclusiva, ai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei relativi crediti.
La regolamentazione della cartolarizzazione si distingue da quella ordinaria sulla cessione dei crediti, in quanto:
- non occorre la notifica della cessione al debitore ceduto, sostituita dalla pubblicazione dell’operazione in Gazzetta ufficiale;
- l’efficacia della cessione riguardo a terzi è anch’essa assicurata dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
Qualora le cessioni, anche non in blocco, abbiano ad oggetto crediti d’impresa di cui alla L. n. 52/1991 (factoring), è sufficiente che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione contenga l’indicazione del cedente, del cessionario e della data di cessione.
La disciplina della cartolarizzazione, contenuta nella L. n. 130/1990, è stata profondamente modificata ed integrata con il D.L. n. 145/2013 convertito con L. n. 9/2014, il quale ha introdotto all’art. 4 della L. 130/1999 il comma 4-bis secondo cui alle cessioni effettuate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione non si applicano gli artt. 69 e 70 del R.D. n. 2440/1923.
Nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione è quindi prevista l’informazione alle amministrazioni debitrici (mediante raccomandata con avviso di ricevimento) solamente al fine di comunicare l’affidamento o il trasferimento dei compiti di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, qualora tali attività siano affidate o trasferite a soggetti diversi dal soggetto cedente.
Tale norma ha la finalità di semplificare le cessioni dei crediti effettuate nel contesto delle operazioni di cartolarizzazione, agevolando la realizzazione di tali operazioni anche qualora figuri una P.A. tra i soggetti debitori ceduti.
La normativa in materia di cartolarizzazione dei crediti costituisce una normativa speciale rispetto a quella in materia della cessione dei crediti derivanti da contratti pubblici; l’art. 4, comma 4-bis della L. n. 130/1990 si applica pertanto anche al caso di cessione di crediti nascenti da contratti disciplinati dal Codice dei contratti pubblici.
Avv. Valerio Pandolfini
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