La cessione dei crediti nei confronti della P.A.
La cessione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della P.A. (Stato, enti pubblici, strutture sanitarie) è soggetta ad una normativa complessa, stratificata nel tempo e non sempre chiara e coerente. Tale normativa deroga ad alcuni principi generali sulla cessione dei crediti, contenuta nel Codice civile, assegnando alla P.A. ancora una posizione di privilegio. Le principali differenze rispetto alla disciplina generale riguardano da una parte la libera cedibilità del credito e la sua opponibilità al debitore ceduto pubblico, e dall’altra la forma richiesta per l’atto di cessione. Tale disciplina speciale è stata interessata negli ultimi anni da una serie di modifiche legislative che hanno semplificato le formalità, al fine di garantirne una maggior applicazione. Vediamo quali sono i profili essenziali di tale disciplina speciale
1. La cessione di crediti nei confronti di enti pubblici
La cessione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della P.A. (Stato, enti pubblici, strutture sanitarie) è soggetta ad una normativa complessa, stratificata nel tempo e non sempre chiara e coerente, che ha natura speciale rispetto alla disciplina codicistica della cessione del credito, contenuta negli artt. 1260 e seguenti del Codice civile.
Tali differenze sussistono qualora il debitore ceduto sia un soggetto pubblico, e ancor più qualora il credito oggetto di cessione derivi da un contratto pubblico. Esse sono motivate da esigenze di tutela dell’interesse pubblico, e in particolare dall’esigenza di evitare che durante l’esecuzione della prestazione contrattuale possano venire meno le risorse finanziarie del soggetto privato, compromettendo la regolare esecuzione del rapporto.
La disciplina speciale per la cessione dei crediti vantati nei confronti della P.A. pone dei limiti alla libertà delle parti, a fronte dell’interesse pubblico di assicurare ai fornitori delle amministrazioni pubbliche i fondi necessari per garantire la perfetta esecuzione del contratto. Oggi, tuttavia, le imprese ricorrano alla cessione del credito proprio per ottenere i fondi necessari a sostenere il proprio capitale circolante, e quindi l’attività corrente, in presenza di ritardi di pagamento mediamente elevati e con punte spesso insostenibili per l’impresa in assenza di supporti esterni.
In questa prospettiva, i privilegi e le formalità richieste per la cessione dei crediti commerciali verso la P.A. rappresentano uno strumento non più adeguato al perseguimento dell’obiettivo della tutela degli interessi pubblici; anzi, ostacolando e rendendo più onerosa la cessione, tali privilegi appaiono non solo anacronistici ma addirittura contrastanti con l’interesse di salvaguardare la salute finanziaria dei propri fornitori.
Esistono, inoltre, una serie di norme non riguardanti direttamente la cessione del credito, ma che introducono rilevanti adempimenti in capo alle amministrazioni debitrici, che ostacolano il pagamento da parte di queste ultime, impedendo di fatto lo stesso o agevolando comportamenti opportunistici, tra cui, in particolare, la verifica degli eventuali inadempimenti del creditore all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, e conseguente compensazione con il pagamento dovuto in caso di esito positivo (art. 48-bis d.p.r. 602/1973);, la verifica della regolarità contributiva del creditore (DURC), la verifica del rispetto degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari nei contratti pubblici.
2. La necessità del consenso della P.A. alla cessione
La prima importante differenza che si riscontra rispetto alla disciplina generale sulla cessione dei crediti, contenuta nel Codice civile ha riguardo alla libera cedibilità del credito ed alla sua opponibilità al debitore ceduto.
In base all’art. 1260 e ss. c.c., la cessione del credito si realizza al momento stesso della conclusione del relativo contratto di cessione, ed è efficace nei confronti del debitore ceduto nel momento in cui è stata a questi notificata o è stata da questi accettata; vige inoltre il generale principio di libera cedibilità del credito, in base al quale ogni credito può formare oggetto di cessione, salvo i limitati e specifici casi di esclusione previsti dalla legge, dalle parti o derivanti dalla natura personale del credito stesso.
Nella disciplina generale del Codice Civile, dunque, per la cessione del credito:
- non è previsto alcuno specifico requisito di forma;
- non è necessaria l’accettazione del debitore ceduto;
- la notifica e l’accettazione di cui all’art. 1264 c.c. (che non incidono sulla validità del negozio) non richiedono particolari requisiti di forma, ma rappresentano solo condizioni affinché la cessione divenga efficace (cioè opponibile) al debitore ceduto e ai terzi.
Nel caso invece in cui il debitore ceduto sia (non già un privato, bensì) un soggetto pubblico, vige una disciplina parzialmente diversa.
Qualora infatti il credito che forma oggetto di cessione sia sorto in occasione di un contratto pubblico, la disciplina applicabile alla cessione si discosta da quella generale del Codice Civile, dato l’interesse pubblico alla regolare esecuzione della prestazione contrattuale, la cui tutela impone di evitare che durante tale prestazione possano venir meno le risorse finanziarie del soggetto obbligato verso la P.A. possa così risultare compromessa la regolare prosecuzione del rapporto.
L’art. 9 della L. 2248/1865, Allegato E prevedeva che, in deroga al principio generale dell’art.1260 c.c., qualora inoltre la cessione del credito derivi da un contratto in corso di esecuzione, il creditore cedente deve chiedere il consenso al debitore ceduto P.A.
Il successivo R.D. 2440/1923 ha, poi, a sua volta dedicato una specifica disciplina alle somme dovute dalle amministrazioni per somministrazioni, forniture e appalti richiamando, le previsioni contenute nel citato art. 9 della L. 2248/1865, allegato E.
La cessione dei crediti vantati nei confronti di un ente pubblico e ancora in corso di esecuzione è quindi subordinata alla preventiva adesione della P.A.; in altri termini, affinché la cessione sia opponibile ad un ente pubblico è necessario che quest’ultimo esprima il proprio consenso espresso.
Tale disciplina si applica alle cessioni derivanti da somministrazioni, forniture e appalti, ossia alle figure negoziali riconducibili alla categoria dei contratti di durata, rispetto ai quali il legislatore ha ravvisato, in deroga al principio generale della cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore (art. 1260 c.c.), l’esigenza di garantire la regolare esecuzione, evitando che, durante la stessa, possano venir meno le risorse finanziarie al soggetto obbligato, compromettendo così l’ulteriore e regolare prosecuzione del rapporto.
Relativamente ai contratti di durata, in corso di esecuzione, dunque, la P.A. ha la possibilità (ergo il privilegio) di rifiutare la cessione del credito. Quando l’atto di cessione dei crediti non è espressamente accettato dall’amministrazione ceduta, lo stesso non è opponibile all’autorità pubblica coinvolta.
Tale privilegio spetta allo Stato e agli enti pubblici territoriali, non ad altri enti pubblici, come ad es. le aziende sanitarie locali, la cui organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato nel rispetto della normativa regionale di riferimento. Ne consegue che in caso di cessione dei crediti ritualmente notificata, la mancata accettazione o il rifiuto da parte di un’azienda sanitaria locale non ha alcun effetto sulla validità della stessa, e la cessione è pienamente opponibile nei confronti dell’ente.
Secondo la giurisprudenza costante, invece, una volta conclusosi il rapporto contrattuale torna ad applicarsi la regola generale di cui all’art. 1264 c.c., secondo cui l’efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto richiede esclusivamente la notificazione a quest’ultimo.
3. La forma del contratto di cessione del credito nei confronti della P.A.
Un secondo elemento che caratterizza la disciplina speciale della cessione del credito verso la P.A. è rappresentato dalla peculiare forma richiesta per l’atto di cessione.
A tal riguardo, l’art. 69 R.D. 2440/1923 prevede infatti che le cessioni del credito devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata da notaio, e devono essere notificate alla P.A. L’art. 70 R.D. 2440/1923 dispone inoltre che le cessioni devono indicare il titolo e l’oggetto del credito che si intende cedere e non possono cedersi, con un solo atto, crediti verso amministrazioni diverse.
Tali norme, dunque, prescrivono, a pena di inefficacia, che, qualora il debitore sia una P.A., la cessione del credito deve rivestire specifici requisiti di forma e di contenuto, e deve essere notificata alla P.A., al fine di consentire una migliore tutela dell’interesse pubblico.
Vi è dunque una ulteriore deroga al principio generale del Codice civile, in quanto non vi è la possibilità per il cessionario di dimostrare in altro modo, diverso dalla notificazione, l’avvenuta conoscenza della cessione da parte della P.A.; qualora pertanto una cessione sia realizzata in forme diverse, essa è valida nei rapporti tra cedente e cessionario – trattandosi di atto avente natura consensuale – ma è inefficace e inopponibile alla P.A.
Trattandosi di inefficacia della cessione nell’interesse esclusivo del debitore ceduto, il pagamento eventualmente effettuato in buona fede al cedente anziché al cessionario, pur dopo che la cessione, non effettuata nelle forme indicate, gli sia stata notificata, è liberatorio (v. Cass. n. 15153/2000); il debitore ceduto, pertanto, è il solo legittimato a farla valere.
4. La cessione dei crediti derivanti da contratti di appalto con la P.A.
Ai sensi dell’art. 106 comma 13 del D.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici), la cessione di crediti derivanti da un contratto di appalto è efficace e opponibile alla stazione appaltante (amministrazione pubblica), qualora questa non la rifiuti con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro 45 giorni dalla notifica della cessione.
Tale norma riflette il mutato contesto giuridico – e in particolare, l’entrata in vigore della Costituzione – in base al quale ai privilegi della P.A., funzionali alla tutela dell’interesse pubblico, si contrappone l’autonomia negoziale dei privati, che verrebbe incisa dalla facoltà riservata al debitore pubblico di non accettare la cessione del credito. Inoltre, la necessità di rendere più celere la cessione dei crediti derivanti da appalti pubblici ha giustificato l’introduzione di un termine entro il quale l’amministrazione ceduta può opporsi alla cessione.
L’art. 106, comma 13, del Codice dei Contratti Pubblici prevede quindi che:
- ai fini dell’opponibilità alla P.A. (stazioni appaltanti), le cessioni di crediti devono essere stipulate mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata e devono essere notificate alle amministrazioni debitrici;
- le cessioni di crediti derivanti da corrispettivi di appalti pubblici sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti che sono amministrazioni pubbliche qualora queste non le rifiutino con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario entro 45 giorni dalla notifica della cessione.
Pertanto, in assenza di rifiuto espresso della cessione da parte della P.A. la cessione stessa si ha per accettata, con conseguente legittimazione del creditore ceduto ad agire per la riscossione del credito ceduto. A tal fine non è rilevante la circostanza che, anche a seguito della cessione, la P.A. continui a corrispondere gli importi relativi alle fatture cedute direttamente all’originario appaltatore, trattandosi di pagamenti non liberatori nei confronti del cessionario.
Alla cessione dei crediti verso stazioni appaltanti sin applica, in linea generale, la L. n. 52/1991 sulla cessione dei crediti di impresa (factoring). Tale disciplina si applica ai crediti nei confronti di tutte le stazioni appaltanti, fermo restando che, qualora non ricorrano i requisiti di applicabilità della L. 52/1991, si applicano le norme speciali che regolamentano la cessione dei crediti nei confronti della PA.
Occorre peraltro considerare che l’art. 117 comma 4-bis della L. n. 77/2020 (che ha convertito il DL n. 34/2020) ha introdotto, con riferimento ai crediti sanitari, un meccanismo di silenzio-rifiuto, che può rappresentare un ostacolo alla cessione dei crediti nei confronti degli enti sanitari nazionali.
Tale norma prevede infatti che i crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili, vantati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale in conseguenza di accordi contrattuali stipulati ai sensi dell’art. 8-quinquies del D.lgs. n. 502/1992, ove non certificati mediante la piattaforma elettronica di cui alla L. n. 64/2013, possono essere ceduti solo a seguito di notificazione della cessione all’ente debitore e di espressa accettazione da parte di esso; l’ente debitore comunica al cedente e al cessionario l’accettazione o il rifiuto della cessione del credito entro 45 giorni dalla data della notificazione, decorsi inutilmente i quali la cessione si intende rifiutata. In ogni caso la cessione dei crediti, anche se certificati mediante la piattaforma elettronica, deve essere notificata all’ente debitore con l’indicazione puntuale degli estremi delle singole partite creditorie cedute.
5. La certificazione dei crediti nei confronti della P.A.
La certificazione dei crediti verso la P.A è stata introdotta dal D.L. n. 185/2008, con lo scopo di compensare crediti certificati con debiti iscritti a ruolo e favorirne lo smobilizzo presso il sistema finanziario. L’articolo 9 comma 3 bis di tale decreto prevede che su istanza del creditore, in caso di crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali (c.d. crediti commerciali), vantati nei confronti di amministrazioni statali, regioni e le provincie autonome, enti locali ed enti del SSN, le amministrazioni debitrici, nel termine di 30 giorni dalla ricezione della richiesta del creditore, certificano il relativo credito quando sia certo, liquido ed esigibile, così da consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.
La certificazione consiste appunto in un’attestazione dell’esistenza, dell’ammontare e della certezza, liquidità ed esigibilità del credito stesso. Non sono certificabili eventuali interessi moratori.
L’istituto della certificazione ha subito nel tempo numerosi interventi, che ne hanno chiarito la portata e migliorato l’efficacia come strumento adibito a favorire la cessione.
Nel 2012 sono stati adottati due Decreti Ministeriali, con i quali il Ministero dell’economia e delle finanze ha previsto l’impego della piattaforma elettronica (PCC) per la semplificazione delle modalità di cessione dei crediti. Attraverso questa piattaforma avviene l’incontro tra creditore e debitore e vengono compiute diverse formalità, tra cui la certificazione del credito. In particolare, il decreto del 22 maggio 2012 (c.d. “Decreto Certificazioni 1”), disciplina le modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali, mentre il decreto del 25 giugno 2012 (c.d. Decreto “Certificazioni 2”) disciplina le modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti, da parte delle Regioni, degli enti locali e degli enti del SSN.
Per essere certificabili, i crediti devono possedere determinati requisiti, ovvero devono essere –certi (ovvero relativi a negozi giuridici correttamente perfezionati per i quali siano stati assunti i relativi impegni di spesa ed effettuate le relative registrazioni nelle scritture contabili dell’ente pubblico debitore), liquidi (ovvero determinati nell’ammontare), esigibili (ovvero già scaduti e non soggetti a termine o a condizioni sospensive) e non prescritti (cioè non deve essere decorso, anche per effetto di atti interruttivi della prescrizione, il periodo temporale oltre il quale si perde il diritto ad esigere il pagamento).
Per i crediti di importo superiore a diecimila euro, la PA, prima di procedere al rilascio della certificazione, verifica presso l’Agente della riscossione l’eventuale presenza di importi iscritti a ruolo. In caso di accertamento positivo, la certificazione viene resa per l’intero credito, ma l’importo delle somme dovute all’Agente della riscossione viene annotato nella certificazione stessa ed il credito certificato è vincolato ad essere utilizzato in compensazione con gli importi iscritti a ruolo fino a concorrenza degli stessi. Nel caso in cui la PA interpellata vanti dei crediti nei confronti del richiedente, la certificazione è resa al netto di tali somme.
Entro 30 giorni dalla presentazione dell’ istanza di certificazione, la PA deve rispondere; in caso di inerzia della PA o di dichiarazione di insussistenza/inesigibilità (anche parziale) del credito, l’impresa creditrice ha la facoltà di richiedere (attraverso la specifica funzionalità della Piattaforma) la nomina di un commissario ad acta.
La PA o il “commissario ad acta”, previa verifica, certifica al creditore, tramite PEC, che il credito è, alternativamente:
- certo, liquido ed esigibile;
- insussistente/inesigibile (anche parzialmente).
La certificazione deve indicare obbligatoriamente la data prevista di pagamento (entro un termine massimo di 12 mesi dalla presentazione dell’istanza). L’impresa creditrice ha la possibilità di delegare una banca, o un intermediario finanziario abilitato ai sensi della normativa vigente, a gestire per proprio conto le attività connesse alla procedura di certificazione del credito, nonché di richiedere a questi soggetti un’anticipazione delle somme, attraverso la cessione del credito.
Il successivo D.L. n. 35/2013 (cd. “Decreto Sblocca Pagamenti”), finalizzato allo sblocco dei pagamenti arretrati della P.A., ha previsto il mancato aggravio dei potenziali oneri per l’erario, così da consentire l’integrale pagamento dei debiti della P.A. maturati alla data del 31 dicembre 2012, e l’estensione delle certificazioni a favore anche dei professionisti, oltre che per i debiti maturati per somministrazione, forniture ed appalti. L’art. 7 di tale decreto prevede che la certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali è effettuata esclusivamente attraverso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni predisposta dal Ministero dell’economia e delle finanze, in attuazione dell’art. 4 del Decreto Certificazioni 2.
Il D.L. n. 66/2014 ha quindi stabilito all’art. 37 comma 7-bis che, in seguito alla certificazione, effettuata mediante la piattaforma elettronica, le cessioni dei crediti possono essere stipulate mediante scrittura privata ed eseguite in favore di una banca o di un intermediario finanziario autorizzato, o da questi alla Cassa depositi e prestiti o a istituzioni finanziarie dell’UE. La cessione dei crediti certificati si intende notificata e opponibile nei confronti delle amministrazioni cedute dalla data di comunicazione della cessione, attraverso la piattaforma elettronica. Tale modalità di comunicazione costituisce data certa, qualora non siano rifiutate entro sette giorni dalla ricezione di tale comunicazione.
Tale decreto ha altresì introdotto il Fondo che garantisce il pagamento dei crediti ceduti dai fornitori a banche o altri intermediari finanziari, agevolando così la smobilitazione dei crediti attraverso l’anticipo o la cessione di questi. I fornitori titolari di crediti certificati possono richiedere ed ottenere la loro liquidazione presso sportelli di banche e di altri intermediari. Ai sensi dell’art. 37 commi 1 e 4, al fine di assicurare il completo ed immediato pagamento di tutti i debiti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture ed appalti e per prestazioni professionali, i suddetti debiti sono assistiti dalla garanzia dello Stato dal momento dell’effettuazione delle operazioni di cessione. A questo scopo è istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un apposito Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato. La garanzia del Fondo è a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile. Gli interventi del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza.
Il D.M. del 27 giugno 2014 ha infine previsto per le operazioni di cessione dei crediti un tasso di sconto pari all’1,9% all’anno per crediti d’importo fino a 50.000 euro, comprensivo di ogni eventuale onere, e uno sconto pari a 1,60% all’anno per crediti d’importo eccedente 50.000 euro. Il D.M. 11 marzo 2015 ha quindi previsto che la garanzia dello Stato possa essere attivata a partire dalla data indicata dalla certificazione, o se più favorevole dal 180° giorno dalla cessione del credito; una volta scaduto il termine previsto (o quello indicato dalla certificazione o quello di 180 giorni dalla cessione del credito), decorrono 90 giorni per trasmettere alla PA interessata l’intimazione di pagamento.
- La certificazione del credito può essere utilizzata per una o più delle seguenti finalità:
cessione, anche parziale, del credito;
anticipazione a valere sullo stesso credito presso una banca o un intermediario finanziario abilitato;
compensazione, presso l’Agente della riscossione, di tutto o parte del credito certificato con le somme dovute per tributi erariali, regionali e locali, contributi assistenziali e previdenziali, premi Inail ed altri debiti nei confronti della PA che ha rilasciato la certificazione, compresi gli oneri accessori, gli aggi e le spese dovute all’Agente della Riscossione;
compensazione con somme dovute all’Agenzia delle Entrate, in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflattivi del contenzioso tributario.
Attraverso la certificazione dei crediti verso la PA è possibile inoltre ottenere il rilascio del DURC da parte degli Istituti previdenziali e Casse edili, qualora sussistano crediti certificati di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati.
In particolare, nel caso in cui il DURC debba essere richiesto d’ufficio da parte di una PA, come avviene nel settore dei lavori pubblici, il creditore potrà dichiarare di essere titolare di crediti certificati comunicandone gli estremi identificativi (amministrazione debitrice, data di rilascio, numero di protocollo, importo a credito, data di pagamento, codice di certificazione).
Gli Istituti Previdenziali e le Casse Edili verificano la presenza del credito vantato e, in caso di riscontro positivo, rilasciano il DURC, valido per il periodo di 120 giorni.
All’atto del pagamento di SAL o di corrispettivi relativi a servizi di somministrazione e fornitura in favore di soggetti titolari di crediti certificati, si applica la procedura di intervento sostitutivo previsto dall’art. 4, comma 2 D.P.R. n. 207/10 in base alla quale, in presenza di DURC irregolari, le PA debitrici sono tenute a sostituirsi al debitore principale versando, in tutto o in parte, le somme dovute ai predetti Istituti e Casse in dipendenza del contratto da cui discende il credito certificato.
Il credito certificato può altresì essere oggetto di una cessione o di un’anticipazione, purché sia preventivamente soddisfatto il debito contributivo, come comprovato da un DURC aggiornato che attesti la regolare situazione contributiva; in alternativa, il soggetto interessato deve sottoscrivere apposita delega di pagamento in favore dell’intermediario finanziario che provvederà direttamente all’estinzione del debito contributivo ed alla conseguente erogazione della residua porzione di credito ceduto o anticipato.
6. La cessione di crediti da appalto pubblico realizzata con un’operazione di cartolarizzazione
Una specifica disciplina regolamenta l’ipotesi in cui i crediti vantati nei confronti di una stazione appaltante in virtù di un appalto pubblico formano oggetto di un’operazione di cartolarizzazione.
La cartolarizzazione costituisce un’operazione finanziaria che si articola nella cessione a titolo oneroso di uno o più crediti pecuniari ad una società veicolo (special purpose vehicle, SPV) la quale, per ottenere la provvista necessaria all’acquisto dei crediti, emette titoli destinati ad essere collocati presso investitori istituzionali, professionali e non, per poi provvedere alla riscossione dei crediti ceduti ed alle attività ad essa finalizzate. Le somme incassate dai debitori ceduti vengono poi destinate, in via esclusiva, ai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei relativi crediti.
La regolamentazione della cartolarizzazione si distingue da quella ordinaria sulla cessione dei crediti, in quanto:
- non occorre la notifica della cessione al debitore ceduto, sostituita dalla pubblicazione dell’operazione in Gazzetta ufficiale;
- l’efficacia della cessione riguardo a terzi è anch’essa assicurata dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
Qualora le cessioni, anche non in blocco, abbiano ad oggetto crediti d’impresa di cui alla L. n. 52/1991 (factoring), è sufficiente che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione contenga l’indicazione del cedente, del cessionario e della data di cessione.
La disciplina della cartolarizzazione, contenuta nella L. n. 130/1990, è stata profondamente modificata ed integrata con il D.L. n. 145/2013 convertito con L. n. 9/2014, il quale ha introdotto all’art. 4 della L. 130/1999 il comma 4-bis secondo cui alle cessioni di crediti effettuate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione – anche derivanti da appalti pubblici, disciplinate dal Codice dei contratti pubblici – non si applicano gli artt. 69 e 70 del R.D. n. 2440/1923.
Nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione è quindi prevista l’informazione alle amministrazioni debitrici (mediante raccomandata con avviso di ricevimento) solamente al fine di comunicare l’affidamento o il trasferimento dei compiti di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, qualora tali attività siano affidate o trasferite a soggetti diversi dal soggetto cedente.
Tale norma ha la finalità di semplificare le cessioni dei crediti effettuate nel contesto delle operazioni di cartolarizzazione, agevolando la realizzazione di tali operazioni anche qualora figuri una P.A. tra i soggetti debitori ceduti.
La normativa in materia di cartolarizzazione dei crediti costituisce una normativa speciale rispetto a quella in materia della cessione dei crediti derivanti da contratti pubblici; l’art. 4, comma 4-bis della L. n. 130/1990 si applica pertanto anche al caso di cessione di crediti nascenti da contratti disciplinati dal Codice dei contratti pubblici.
Avv. Valerio Pandolfini
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