L’analisi preventiva di solvibilità del debitore
Un aspetto di centrale importanza per impostare in modo corretto ed efficace il recupero dei crediti aziendali è costituito dall’analisi preventiva di solvibilità del debitore. E’ un aspetto spesso sottovalutato o addirittura ignorato, e che invece è assolutamente fondamentale per assicurare all’impresa un rapporto ottimale tra costi e benefici. Vediamo in che cosa consiste, quale ne è la finalità, e come viene effettuata.
1. Cos’è l’analisi preventiva di solvibilità del debitore e a cosa serve
Un aspetto di centrale importanza per impostare in modo corretto ed efficace il recupero dei crediti aziendali è costituito dall’analisi preventiva di solvibilità del debitore.
Si tratta di un’analisi molto spesso sottovalutata o addirittura ignorata, e che invece è assolutamente fondamentale per assicurare all’impresa un rapporto ottimale tra costi e benefici.
Vediamo in che cosa consiste e qual è la finalità di tale analisi.
Se i tentativi di recupero stragiudiziale del credito– effettuati tempestivamente dall’impresa e dal legale tramite lettere di sollecito e intimazioni ad adempiere – sono fallite, è assolutamente sconsigliabile iniziare direttamente un’azione legale giudiziale per il recupero del credito, senza prima avere adeguatamente valutato le effettive possibilità di recupero del credito.
Spesso si ignora o si sottovaluta, infatti, che in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore, un credito può essere recuperato solo se:
- vi siano beni pignorabili in capo al debitore (beni mobili, immobili, crediti);
- vi siano sufficienti beni pignorabili per assicurare il soddisfacimento del credito.
Se il debitore non possiede beni aggredibili in via di esecuzione forzata (cioè appunto pignorabili), o se non possiede beni pignorabili sufficienti per garantire il recupero del credito, un credito non può essere recuperato.
Entrambi tali aspetti possono (e devono) essere conosciuti e valutati dal creditore prima di intraprendere un’azione legale di recupero del credito, che comporta sempre dei costi.
Se invece viene iniziata una procedura giudiziale di recupero del credito senza alcuna valutazione preventiva circa la solvibilità del debitore, si rischia di addossare all’impresa creditrice ulteriori costi inutili.
In tal modo infatti l’impresa sostiene delle spese legali per il recupero – che possono essere anche ingenti – senza sapere se vi siano probabilità di recuperare il credito, cioè se vi siano beni del debitore da sottoporre a pignoramento.
Senza analizzare preventivamente il grado di solvibilità del debitore, il creditore rischia quindi di subìre un duplice danno: non solo non riesce a recuperare il credito, ma va incontro ad un ulteriore costo (che può essere anche rilevante) dato dalle spese legali, che non potrà in alcun modo recuperare né ammortizzare.
Certo, è sempre possibile effettuare un’analisi di solvibilità dopo avere iniziato l’azione legale di recupero; e certamente tale analisi dovrà essere necessariamente effettuata, qualora il creditore, una volta ottenuto un titolo esecutivo, non conosca quali beni possano essere pignorati in capo al debitore. Come pure è possibile chiedere all’Ufficiale Giudiziario di procedere con la ricerca telematica dei beni pignorabili, che non è altro che una sorta di analisi di solvibilità ex post: vedi l’approfondimento in questo articolo.
Ma in entrambi i casi, si tratta di una indagine tardiva, in quanto la procedura di recupero crediti in via giudiziale è stata già avviata, e quindi il creditore ha già state sostenute spese legali, magari elevate. Se questa analisi “tardiva” non dovesse avere esito positivo, cioè se non dovessero emergere beni utilmente pignorabili in capo al debitore, tali costi sarebbero inutilmente persi.
Tale rischio può essere eliminato effettuando appunto un‘analisi preventiva – cioè prima di intraprendere l’azione legale di recupero del credito – circa l’effettivo grado di solvibilità del debitore, in modo da valutare le probabilità di recupero del credito e quindi i possibili benefici di un’azione legale di recupero, in rapporto ai costi legali che essa comporta.
Ma l’analisi preventiva di solvibilità serve anche ad uno altro scopo: quello di far conseguire all’impresa la deducibilità fiscale della perdita sul credito. Se infatti i risultati dell’analisi sono negativi – nel senso che dall’analisi non emergono sufficienti probabilità di recuperare, neppure in parte, il credito – tale analisi, unitamente ad un parere redatto dal legale incaricato del recupero (che dovrà comunque valutare gli esiti dell’analisi) può consentire all’impresa di dedurre fiscalmente la perdita sul credito, senza necessità di intraprendere una inutile e costosa azione di recupero.
Infatti, contrariamente a quanto spesso si ritiene, non è sempre necessario esperire inutilmente tutta l’attività di recupero del credito in via giudiziale, fino al pignoramento (infruttuoso), e quindi sostenere i relativi costi (inutili) per poter dedurre fiscalmente la perdita. Quando l’azione di recupero è antieconomica, cioè quando dall’analisi preventiva di solvibilità del debitore risulta che è improbabile ottenere il recupero del credito, la documentazione attestante la improbabilità di ottenere il soddisfacimento del credito (report informativo e parere del legale), può essere sufficiente per assicurare la deducibilità fiscale della perdita.
2. Che cosa contiene l’analisi preventiva di solvibilità del debitore
Come si è detto, l’analisi preventiva di solvibilità ha la principale finalità di individuare se esitano beni utilmente pignorabili in capo al debitore e equale ne sia la loro consistenza, in rapporto all’entità del credito da recuperare, in modo da valutare con un sufficiente grado di probabilità se il credito vantato dal creditore possa essere effettivamente recuperato o meno.
Per raggiungere tale scopo, l’analisi preventiva di solvibilità contiene una sorta di “radiografia” della complessiva situazione economica e finanziaria del debitore, dalla quale risulterà se e quali beni (mobili, mobili registrati, immobili) siano attualmente di proprietà del debitore, e quindi possano essere pignorati in sede di esecuzione forzata;
Ma in realtà l’analisi preventiva di solvibilità ha un oggetto più ampio rispetto alla semplice ricerca di beni pignorabili in capo al debitore; essa contiene infatti un quadro generale circa la solvibilità complessiva del debitore. Dalle stessa infatti risulta (non solo la descrizione dei beni pignorabili, se esistenti, ma) anche:
- se contro il debitore siano stati elevati protesti;
- se contro il debitore siano state iscritte ipoteche o fermi amministrativi (e per quale ammontare);
- se contro il debitore siano stati trascritti pignoramenti immobiliari;
- se il debitore abbia venduto beni immobili; se l’azienda del debitore sia stata ceduta o affittata;
- se l’impresa del debitore sia ancora attiva o meno,
3. Come effettuare l’analisi preventiva di solvibilità del debitore
L’analisi di solvibilità può essere condotta con varie modalità ed avvalendosi di vari strumenti. E’ tuttavia opportuno evitare il “fai da te” – che, oltre ad essere dispendioso in termini economici e di tempo, non consente di pervenire a risultati certi ed utili – ed affidarsi a società specializzate in investigazioni.
Queste ultime sono in grado di effettuare una vera e propria “radiografia” della complessiva situazione economica e finanziaria del debitore, attraverso la consultazione di banche dati e registri pubblici (Camera di Commercio, Catasto, Conservatorie, PRA, RINA etc.), ma anche e soprattutto utilizzando altre fonti informative non pubbliche (informazioni in loco, presso dipendenti o ex dipendenti, debitori del debitore, informazioni bancarie etc.).
In particolare, l’agenzia investigativa può accertare i seguenti elementi:
- se il debitore svolge un’attività lavorativa di tipo subordinato, dove lavora, da quanto tempo, con quale tipo di contratto (informazioni utili per poter intraprendere un pignoramento presso terzi al fine di sottoporre a pignoramento, entro i limiti quantitativi previsti dalla legge, lo stipendio mensile o il F.R. accantonato;
- se il debitore percepisce una pensione (anche in tal caso è possibile procedere ad un pignoramento presso terzi, in quanto anche la pensione, entro certi limiti, può essere oggetto di pignoramento.
- se il debitore possiede beni immobili e se vi sono trascrizioni pregiudizievoli (cioè ipoteche, pignoramenti, sequestri che gravano su tali beni), in modo da valutare se è possibile procedere ad un pignoramento immobiliare e se tale procedura sia opportuna, anche alla luce dei costi che il creditore procedente è tenuto a sostenere;
- se il debitore possiede veicoli (in modo da poter procedere a pignoramento.
etc. Il complesso delle informazioni raccolte viene condensato in un report informativo, dettagliato e preciso, che deve essere poi analizzato e valutato con attenzione dal legale, incaricato dall’impresa creditrice. Si tratta di una valutazione molto delicata, in quanto dalla stessa dipende la decisione se e in quali termini sia opportuno agire in giudizio per il recupero del credito.
Tale valutazione è importante anche al fine di far conseguire all’impresa la deducibilità fiscale della perdita sul credito. Se infatti i risultati del report informativo sulla solvibilità del debitore sono valutati in termini negativi dal legale – nel senso che, ad avviso di questi, non vi sono sufficienti probabilità di recuperare, neppure in parte, il credito – l’impresa può dedurre fiscalmente la perdita sul credito, senza necessità di intraprendere una inutile e costosa azione di recupero.
4. I risultati dell’analisi preventiva di solvibilità del debitore
In sintesi all’esito delle risultanze del report informativo sulla solvibilità del debitore e dell’analisi effettuata dal legale saranno possibili due diversi risultati:
- un esito positivo, qualora emerga che il debitore è in possesso di beni sufficienti da garantire che un’azione legale di recupero sia effettivamente fruttuosa;
- un esito negativo, qualora invece emerga la inesistenza o comunque la non sufficienza di beni in capo al debitore, aggredibili in sede di esecuzione forzata.
Vediamo ora le conseguenze di questi due diversi scenari.
Nel primo caso, se, cioè, l’analisi di solvibilità del debitore ha dato esito positivo – è senz’altro opportuno intraprendere il recupero del credito in via giudiziaria. E’, anzi, opportuno intraprendere tale azione tempestivamente, perché con il passare del tempo i dati e le informazioni ottenute in ordine alla situazione del debitore e ai beni aggredibili in via esecutiva potrebbero cambiare (ad es., il debitore potrebbe andare incontro a pignoramenti, protesti, potrebbe cedere l’azienda, essere dichiarato fallito etc.).
A questo punto, l’impresa dovrà sostenere dei costi legali per l’attività di recupero intrapresa dal legale. Si tratta tuttavia di costi che, in un’ottica imprenditoriale, sono giustificati dal fatto che, sulla base dell’analisi di solvibilità del debitore già effettuata, vi sono ragionevoli probabilità che il credito possa essere recuperato, ivi inclusi i costi che l’impresa deve anticipare.
Inoltre, tali costi possono essere notevolmente ridotti, in quanto è possibile prevedere che il compenso del legale sia corrisposto, in buona misura, in percentuale su quanto verrà effettivamente recuperato dall’impresa. Ciò è appunto possibile perché l’analisi di solvibilità del debitore effettuata tramite il report informativo ha dato esiti positivi, e quindi vi sono buone probabilità di recupero del credito.
Se invece l’analisi di solvibilità del debitore abbia dato esito negativo – e dunque non risultino, o quantomeno non risultino con sufficienza, beni del debitore sottoponibili a pignoramento – occorre valutare attentamente se sia opportuno o meno intraprendere un’azione legale di recupero del credito, tenendo sempre presente l’ottica costi/benefici, cioè l’esigenza di assicurare un effettivo vantaggio all’impresa, al minor costo possibile.
Quando le probabilità di recuperare il credito sono scarse, o addirittura inesistenti, è infatti spesso opportuno evitare di intraprendere un’azione legale di recupero – che comporta per l’impresa l’esborso di costi legali inutili – e puntare invece ad ottenere il beneficio fiscale connesso alla perdita del credito, senza far subire all’impresa ulteriori esborsi.
Naturalmente, sono possibili scenari intermedi (ed anzi questa è l’ipotesi più probabile), nei quali dall’analisi di solvibilità non emerge un quadro totalmente negativo; ed è in questi casi che la valutazione del legale incaricato del recupero, condotta alla luce della sua professionalità ed esperienza, è particolarmente importante.
Vi sono poi molte variabili da considerare, in relazione alle specificità del singolo caso. Ad esempio, è possibile che vi sia uno storico del debitore, che induce il legale a suggerire una determinata soluzione. Oppure, è possibile che l’impresa creditrice intenda comunque iniziare un’azione legale di recupero, pur in presenza di un report negativo, per dare comunque un segnale anche ad altri debitori, in linea con la propria policy aziendale.
O ancora, qualora il credito da recuperare sia di importo notevolmente elevato, rendendo in tal modo impossibile dedurre fiscalmente la perdita senza procedere comunque ad un tentativo di recupero giudiziale – è opportuno procedere in ogni caso con l’azione giudiziale, nonostante che vi siano scarse o nulle probabilità di recupero; fermo restando che, in tal caso, i costi legali dovranno probabilmente essere corrisposti dall’impresa in misura fissa e non in percentuale, come invece accade in caso di report patrimoniale positivo.
Avv. Valerio Pandolfini
Per leggere ulteriori articoli di approfondimento sul recupero crediti, visitate il nostro blog.
Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica.