Il pignoramento delle partecipazioni sociali
Il pignoramento delle quote di partecipazione in una società è un procedimento che permette ai creditori di un socio di aggredire le quote dallo stesso detenute in una società, in modo da soddisfare un debito. L’art. 2471 c.c. stabilisce infatti che anche la partecipazione può costituire oggetto di espropriazione. Vi sono tuttavia notevoli differenze a seconda che la partecipazione oggetto di pignoramento sia costituita da una quota di S.r.l. o un’azione di S.p.A. Esaminiamo sinteticamente i profili essenziali del pignoramento avente oggetto partecipazioni sociali.
1. La quota di S.r.l.
Nelle S.r.l., a differenza che nelle S.p.a., il capitale è diviso in parti in base al numero dei soci e ciascuno di essi diviene titolare di un’unica quota di partecipazione.
Secondo la giurisprudenza prevalente, la partecipazione sociale costituisce una posizione contrattuale (la partecipazione dei soci al contratto sociale e allo svolgimento dell’impresa), che pur non configurandosi come bene materiale (al pari dell’azione), ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e deve essere quindi configurata come oggetto unitario di diritti, che si estende al complesso di diritti e situazioni giuridiche connesse che spettano al debitore nella sua qualità di socio.
In sostanza, quindi, la quota di partecipazione consiste i in un bene immateriale equiparato ai beni mobili materiali.
In quanto tale, la partecipazione in una S.r.l. può formare oggetto di espropriazione (pignoramento) da parte dei creditori personali del socio.
In proposito, il codice di procedura civile non contiene alcuna disposizione specifica sul procedimento di espropriazione delle partecipazioni sociali; è invece l’art. 2471 c.c. a contenere alcune scarne indicazioni processuali.
2. L’atto di pignoramento della quota di S.r.l.
Ai sensi dell’art. 2471 c.c., il pignoramento delle quote di S.r.l. si esegue mediante notifica al debitore ed alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese.
Secondo l’opinione prevalente, si tratta di una peculiare forma di pignoramento, che costituisce un tertium genus sia rispetto alla espropriazione di beni (mobili) presso il debitore che rispetto alla espropriazione presso terzi, cui si applica in buona misura la disciplina prevista per l’espropriazione di beni immobili, benché la quota sia assimilabile ai beni mobili immateriali.
Il pignoramento della partecipazione sociale è un procedimento a formazione progressiva, che ha origine con la notificazione di un atto di pignoramento da notificarsi al debitore ed alla società della cui quota si tratta, seguito dall’iscrizione nel Registro delle Imprese.
Competente è il tribunale del luogo ove ha sede la società partecipata, indipendentemente dalla residenza e/o dal domicilio del socio debitore.
La notifica del pignoramento alla società ha l’effetto di rendere opponibile alla società l’avvenuto vincolo, anche e soprattutto ai fini dell’esercizio dei diritti amministrativi e del diritto di voto in particolare. La notifica alla società ha l’effetto di rendere opponibile a quest’ultima le prescrizioni contenute nel relativo atto, prima fra tutte le nomina dell’eventuale custode.
Il creditore può quindi individuare ed identificare ex ante la quota a prescindere dalla collaborazione della società; quest’ultima deve essere informata del pignoramento, ma non assume il ruolo di custode della quota.
L’atto di pignoramento deve contenere l’indicazione specifica delle quote di partecipazione di cui il debitore è titolare (dato che può essere facilmente acquisito tramite interrogazione presso il Registro delle Imprese) e che si sottopongono ad esecuzione (ovvero l’indicazione della percentuale della quota pignorata sul totale del suo valore nominale), con l’ingiunzione al debitore di non eseguire attività che distolgano la quota pignorata dalla garanzia creditoria.
Ai sensi dell’art. 2912 c.c., il pignoramento della quota comprende anche gli utili.
L’iscrizione nel registro delle imprese non ha natura costitutiva ma meramente dichiarativa. Essa ha la funzione di garantire l’opponibilità ai terzi del vincolo di indisponibilità delle quote pignorate.
Secondo la giurisprudenza prevalente, infatti, il conflitto tra il creditore pignorante e l’acquirente della partecipazione deve essere risolto in base all’art. 2914, n. 1, c.c., con la conseguenza che non hanno effetto in pregiudizio del primo le alienazioni che siano state iscritte nel registro delle imprese successivamente all’iscrizione del pignoramento, senza che rilevi lo stato soggettivo di buona fede, non essendo applicabile l’art. 2470, comma 3, c.c.
La legge non specifica a carico di chi sia l’iscrizione (da effettuarsi in via telematica); si ritiene che, in analogia con quanto disposto per la trascrizione del pignoramento immobiliare (art. 555 c.p.c.) sussista una legittimazione concorrente del creditore e dell’ufficiale giudiziario, ma di fatto dovrà provvedervi il primo, essendo improbabile che la effettui il soggetto che ha eseguito la notifica.
3. Gli adempimenti successivi al pignoramento di quota di S.r.l.
L’art. 2471 c.c. non disciplina gli adempimenti da eseguirsi successivamente all’iscrizione del pignoramento nel registro delle imprese. Seguendo la disciplina generale dell’espropriazione forzata, entro novanta giorni dalla notifica del pignoramento il creditore deve presentare l’istanza di vendita (art. 497 c.p.c.). Ad essa è opportuno allegare, oltre al certificato dell’avvenuta iscrizione, l’atto costitutivo della società e la visura camerale, così che il giudice possa valutare il valore nominale della partecipazione e l’esistenza di eventuali vincoli alla sua circolazione.
In questa fase può essere opportuna la nomina di un custode della quota, il quale eserciti diligentemente i diritti patrimoniali e corporativi, anche alla luce di quanto dispone l’art. 2352 c.c. in caso di sequestro delle azioni (richiamato dall’art. 2471 bis c.c.). L’istanza per la nomina del custode può essere contestuale a quella di vendita; è dubbio se il potere di nominare il custode – in sostituzione del debitore – spetti all’ufficiale giudiziario (art. 520 c.p.c.) o al giudice (art. 559 c.p.c.), fermo restando che è comunque necessario un impulso del creditore.
Il custode ha il compito di conservare e amministrare la partecipazione sociale (cioè, il valore-quota). Per quanto attiene alla disciplina del diritto di voto, mancando una norma specifica si ritiene che, in applicazione analogica dell’art. 2471-bis c.c. in tema di pegno, usufrutto e sequestro della quota, esso spetti al custode, essendo uno strumento essenziale per garantire la tutela dell’integrità del valore economico delle partecipazioni sociali pignorate.
Al custode spetta altresì:
- la legittimazione all’impugnazione delle delibere assembleari al fine di ottenerne l’annullamento, ai sensi dell’art. 2377 c.c., stante la strumentalità del diritto di impugnazione rispetto a quello di voto;
- il diritto di recesso, trattandosi di atto dispositivo che si concretizza sostanzialmente, nella perdita della quota, inopponibile al creditore pignorante, ai sensi dell’art. 1193 c.c.
Si ritiene invece che il diritto di ispezione dei libri sociali spetti, oltre che al custode, anche al socio e al creditore pignoratizio, con modalità previste dal giudice dell’esecuzione.
Ai sensi dell’art. 559 c.p.c., nel caso in cui non vi sia un’espressa nomina di un custode, il debitore è costituito custode ed ha la legittimazione ad esprimere il diritto di voto.
Se le partecipazioni sono liberamente trasferibili, la fase liquidativa si svolge con le modalità stabilite dagli artt. 529 ss. compatibili con la natura delle partecipazioni sociali e con la disciplina specifica per esse prevista dal legislatore. Quindi, ai sensi dell’art. 530 c.p.c., a seguito della domanda di vendita il giudice deve fissare un’apposita udienza – invece che provvedere direttamente – solo se il valore (nominale) del bene pignorato supera i ventimila euro.
Il giudice può nominare un consulente per stimare il valore della quota; il valore nominale, pari alla frazione del patrimonio sociale che la quota rappresenta, può infatti essere fuorviante. Per le modalità della stima sono applicabili gli artt. 518 c.p.c. c. 1 e 535 c.p.c. (i quali prevedono la possibilità di nominare e scegliere l’esperto stimatore) e gli artt. 569 c. 1 c.p.c. e 173 bis disp. att. c.p.c. (i quali disciplinano le modalità di affidamento dell’incarico, delle eventuali osservazioni, del deposito della perizia etc.).
L’esperto deve attingere informazioni dal Registro imprese, presso i Pubblici Ufficiali, nonché presso l’ADER, l’INPS, l’INAIL. È necessaria la collaborazione degli organi sociali, ai fini della consultazione dei libri sociali, dei bilanci ecc.
L’ordinanza del giudice che dispone la vendita della partecipazione deve essere notificata alla società a cura del creditore (art. 2471 comma 2 c.c.); ciò consente agli altri soci di intervenire e farsela aggiudicare, impedendo che vada ad estranei non graditi.
Se invece la partecipazione non è liberamente trasferibile il creditore (ovvero qualora nello statuto siano presenti clausole che limitano la libera trasferibilità della quota, ivi comprese le clausole di prelazione), il debitore e la società devono accordarsi sulla vendita e, solo in difetto di accordo, questa ha luogo all’incanto (art. 2471 comma 3 c.c.). L’accordo dovrà comprendere le modalità della cessione, il prezzo e il nominativo dell’acquirente; dovrà poi essere formalizzato all’udienza ex 530 c.p.c., di modo che il giudice possa prenderne atto e disporre l’aggiudicazione.
Sempre nell’ipotesi di non libera trasferibilità – e sempre per consentire ai soci un controllo sui componenti della compagine sociale – l’art. 2471 comma 3 c.c. prevede che la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall’aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offre lo stesso prezzo. La nuova offerta opera come condizione risolutiva dell’acquisto precedente, ma deve essere accompagnata dal versamento della somma. In tal caso, Il giudice procede all’aggiudicazione in favore dell’acquirente designato, e il prezzo viene ripartito tra i creditori. Il giudice deve contestualmente ordinare la restituzione del prezzo all’aggiudicatario estromesso.
Se l’asta va deserta, in applicazione dell’art. 538 c.p.c. deve essere fissato un nuovo incanto al prezzo ribassato di un quinto; se anch’esso rimane senza esito, i creditori possono chiederne l’assegnazione, per il prezzo fissato a norma dell’art. 535 comma 2 c.p.c. e quindi con le modalità dell’espropriazione mobiliare presso il debitore. Deve invece escludersi che si possa chiedere subito l’assegnazione in alternativa alla vendita, essendo ciò possibile solo per le cose il cui valore risulti da listino di mercato (art. 529 comma 2 c.p.c.).
Pur in assenza di una specifica disposizione, al termine dell’esecuzione anche il provvedimento di aggiudicazione deve essere iscritto presso il registro delle imprese, conformemente al regime pubblicitario previsto dall’art. 2470 c.c., a cura del cancelliere o dell’aggiudicatario.
4. Il pignoramento di azioni.
Nelle S.p.A., le partecipazioni sociali sono rappresentata da quote liberamente trasferibili e generalmente rappresentate da documenti che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito; esse possono essere oggetto di azione esecutiva, con la sola eccezione delle partecipazioni nelle società cooperative che, ai sensi dell’art. 2537 c.c., sono impignorabili finché dura la società.
Il pignoramento delle azioni cartolarizzate si esegue mediante diretta apprensione del documento da parte dell’ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 1997 c.c. e successivo deposito dello stesso in cancelleria a norma dell’art. 520 c.p.c., nel rispetto delle regole stabilite per il pignoramento mobiliare presso il debitore.
Qualora invece il titolo di credito sia detenuto da terzi (istituti bancari o altri gestori o intermediari autorizzati) il pignoramento si effettua nelle forme dell’espropriazione presso terzi, ai sensi dagli artt. 543 ss. c.p.c.
Ai sensi dell’art. 2024 c.c., gli effetti del pignoramento nei confronti dell’emittente e dei terzi si verificano solo in seguito alla duplice annotazione del vincolo sul titolo azionario e nel registro (libro soci). L’annotazione sui titoli è effettuata dall’ufficiale giudiziario se si trovano presso il debitore ed è il custode a chiedere alla società, dietro presentazione del titolo azionario pignorato, di eseguire l’annotazione anche sul libro soci. Quest’ultimo compito è invece svolto dal terzo pignorato quando l’espropriazione si è svolta con le forme del pignoramento presso terzi.
Qualora l’oggetto del pignoramento sia costituito da titoli al portatore (azioni di risparmio), il vincolo deve annotarsi solo sul titolo, ai sensi dell’art. 1997 c.c.
5. Il pignoramento di azioni dematerializzate
A seguito del reso operativo dal D.lgs. n. 213/1998, le S.p.A. possono escludere l’emissione dei titoli azionari e sostituirli con azioni “dematerializzate“, cioè rappresentate non da titoli cartacei, ma da semplici scritture contabili. La dematerializzazione dei titoli è obbligatoria quando tali strumenti finanziari sono negoziati o destinati alla negoziazione o diffusi tra il pubblico, mentre è facoltativa per le altre società.
In questo caso, il titolare delle azioni deposita il titolo cartaceo presso un intermediario finanziario che apre un conto a favore del proprio cliente e provvede a registrare l’operazione sulle scritture contabili, indicando anche le diverse tipologie di titoli azionari. Anche l’intermediario provvede a depositare le azioni presso la società di gestione accentrata (Monte Titoli S.p.a) che a sua volta apre un conto a favore dell’intermediario (e non del titolare delle azioni) e indica la tipologia di azioni che le sono state affidate da quel determinato intermediario.
Stante l’impossibilità di poter procedere sia all’annotazione sul titolo che alla acquisizione di tali titoli “immateriali”, l’art. D.lgs. n. 213/1998 prevede che la costituzione di vincoli avviene attraverso le registrazioni in apposito conto tenuto dall’intermediario. In questo caso il pignoramento si esegue nelle forme previste dall’espropriazione presso terzi, atteso che la collaborazione dell’intermediario costituisce un elemento indispensabile di tale pignoramento.
Nei confronti dei depositari vanno eseguiti gli stessi adempimenti stabiliti dagli artt. 599 e 600 C.p.c. per i comproprietari, come espressamente stabilito dall’art. 87 T.u.f: ciò sul presupposto che il diritto del titolare degli strumenti finanziari depositati presso l’intermediario è assimilabile ad un diritto di comproprietà su una quota della stessa tipologia di beni depositati presso la società di gestione accentrata (Monte Titoli S.p.a.).
6. Il pignoramento di quote di società di persone.
Nelle società di persone (società semplice, s.n.c., s.a.s.), tutti i soci rispondono per le obbligazioni sociali (escluso i soci accomandanti che sono obbligati nei limiti della quota di capitale sottoscritta) anche con il proprio patrimonio. La responsabilità personale ha però carattere sussidiario, atteso che i creditori sociali, ai sensi dell’art. 2304 c.c., non possono pretendere il pagamento dei propri crediti dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale; e ciò indipendentemente dal fatto che la società sia in liquidazione.
Qualora invece l’azione esecutiva viene esercitata sulle quote di società di persone per un debito personale del socio, le quote delle società di persone non possono essere espropriate finché non si verifichi lo scioglimento della società o del rapporto limitatamente al socio debitore (artt. 2270, 2289 e 2305 c.c.). Ciò in quanto i rapporti tra i soci sono caratterizzati da un elemento fiduciario (intuitus personae), che consente il trasferimento della partecipazione sociale solo con il consenso di tutti i soci (o di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale).
La giurisprudenza prevalente ammette tuttavia che al creditore particolare del socio è legittimato a pignorare la quota del socio di società di persone anche quando questa non è in liquidazione, ritenendo che il pignoramento, seppure efficace, rimanga condizionato all’effettiva liquidazione della quota del socio; ciò sempre che lo statuto preveda la libera cedibilità delle quote.
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Avv. Valerio Pandolfini
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