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esecuzione forzata

Il pignoramento (mobiliare, immobiliare, presso terzi): cos’è e come funziona

17 Febbraio 2021/in News, Recupero Crediti Giudiziale

Il creditore, una volta ottenuto un titolo esecutivo, può procedere all’esecuzione forzata sui beni di proprietà del debitore o sui crediti da quest’ultimo vantati nei confronti di terzi, espropriandoli per ottenere il soddisfacimento del proprio credito. Il pignoramento è l’atto con cui viene imposto un vincolo su determinati beni che fanno parte del patrimonio del debitore, con l’effetto di rendere inopponibili al creditore pignorante i successivi atti di disposizione dei beni da parte del debitore e di assoggettare i beni alla successiva vendita o assegnazione ai creditori. Il pignoramento può avere luogo in tre diverse modalità, che differiscono tra loro a seconda dei beni che vengono sottoposti a pignoramento, e ognuna delle quali è regolata da una diversa procedura. Si può infatti avere: il pignoramento mobiliare, che ha per oggetto i beni mobili del debitore; il pignoramento presso terzi, che ha per oggetto i crediti che il debitore vanta verso terzi; il pignoramento immobiliare, che ha per oggetto i beni immobili del debitore.

Indice

1. Cos’è il pignoramento

Come è noto, il creditore, una volta ottenuto un titolo esecutivo, può procedere all’esecuzione forzata sui beni di proprietà del debitore o sui crediti da quest’ultimo vantati nei confronti di terzi, espropriandoli per ottenere il soddisfacimento del proprio credito.

Il pignoramento (art. 492 c.p.c.) è appunto l’atto con cui ha inizio l’espropriazione forzata ai danni del debitore. Si tratta di un vincolo imposto su determinati beni che fanno parte del patrimonio del debitore, e che produce un duplice effetto:

  • rende inopponibili al creditore pignorante i successivi atti di disposizione dei beni da parte del debitore;
  • assoggetta i beni alla successiva vendita (il cui ricavato verrà distribuito ai creditori) o assegnazione ai creditori.

Il pignoramento può essere effettuato con due diverse modalità, a seconda dei beni oggetto dello stesso:

  • mediante la notificazione di un atto, nel caso del pignoramento immobiliare, di quello mobiliare su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi (art. 521-bisp.c.)  e presso terzi;
  • mediante accesso dell’ufficiale giudiziario presso la casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti (art. 513 c.p.c.). 

Prima di procedere ad un pignoramento, il creditore deve notificare al debitore l’atto di precetto, cioè un’intimazione formale di adempiere, con l’avvertimento che in difetto si procederà ad esecuzione forzata. Notificato l’atto di precetto, qualora il debitore non effettui il pagamento del dovuto entro 10 giorni, il creditore potrà iniziare la vera e propria esecuzione, tramite pignoramento.

2. Tipologie di pignoramento

 Il pignoramento dei beni del debitore può avere luogo in tre diverse modalità, che differiscono tra loro a seconda dei beni che vengono sottoposti a pignoramento, e ognuna delle quali è regolata da una diversa procedura:

  • pignoramento mobiliare, che ha per oggetto i beni mobili del debitore;
  • pignoramento presso terzi, che ha per oggetto i crediti che il debitore vanta verso terzi;
  • pignoramento immobiliare, che ha per oggetto i beni immobili del debitore.

Il procedimento espropriativo, in generale, si articola nelle seguenti fasi:

  • pignoramento
  • eventuale intervento dei creditori (concorso dei creditori)
  • vendita o assegnazione dei beni pignorati;
  • distribuzione del ricavato della vendita ai creditori.

3. Pluralità di pignoramenti, riduzione del pignoramento

Generalmente al creditore è riconosciuta la facoltà di scegliere quali beni del debitore pignorare e, conseguentemente, il tipo di procedura da adottare. Il creditore può anche pignorare, cumulativamente, più beni del debitore (denaro,  beni  mobili,  beni  immobili, crediti), instaurando quindi una pluralità di procedimenti espropriativi nei confronti dello stesso debitore (art. 483 comma 1 c.p.c.).

E’ inoltre possibile effettuare più pignoramenti con riferimento ai medesimi beni; in questo caso, però, pur essendo atti tra di loro autonomi, non si hanno altrettanti procedimenti. Generalmente, il creditore è maggiormente garantito effettuando un pignoramento successivo sullo stesso bene anziché un atto di intervento in un procedimento iniziato da altro creditore pignorante, in quanto l’eventuale invalidità del pignoramento iniziale si ripercuote anche sull’atto di chi è intervenuto.

Qualora l’azione del creditore sia eccessiva rispetto al credito da soddisfare, il Giudice dell’esecuzione,  su  opposizione  del  debitore,  può  limitare l’espropriazione  al  mezzo  che  il  creditore  sceglie  o,  in  mancanza, a  quello  che  il  giudice  stesso determina (art. 483 c.p.c.).

Qualora sia stata pignorata una pluralità di beni o un bene facilmente divisibile, e il valore dei beni pignorati è superiore all’importo  delle spese  e dei  crediti, il giudice  può  disporre  la  riduzione  del  pignoramento (art. 496 c.p.c.). La riduzione del pignoramento può essere chiesta dal debitore o d’ufficio; il giudice provvede con ordinanza, sentiti tutti i creditori. Disposta la riduzione, i beni esclusi vengono liberati dal vincolo del pignoramento.

4. Procedura di pignoramento

Il pignoramento costituisce il primo atto del processo espropriativo. Esso consiste nell’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni assoggettati ad espropriazione e i frutti di essi (art. 492 c.p.c.).

Tramite il pignoramento, dunque, determinati beni sono sottratti alla libera disponibilità del debitore e vincolati al soddisfacimento del creditore procedente, nonché di quelli che dovessero intervenire nel procedimento. Infatti il pignoramento, nelle varie specie, produce l’effetto di rendere inopponibili al creditore procedente e agli altri creditori che intervengono nell’esecuzione, gli atti di disposizione compiuti sui beni pignorati (come per esempio la vendita e le cessioni dei crediti).

Il  pignoramento può essere richiesto decorsi 10 giorni dalla notifica dell’atto di precetto al debitore, e cessa la sua efficacia qualora entro 45 giorni dal suo compimento il creditore procedente non chieda al  giudice  dell’esecuzione  l’assegnazione  o  la  vendita  forzata  dei  beni (art.  497 c.p.c.). Qualora tale termine scada, il  vincolo  gravante  sui  beni pignorati cessa e  gli  atti  di  disposizione  dei  beni  che  erano  stati  pignorati,  eventualmente  compiuti  dal debitore nell’arco dei 45 giorni, diventano opponibili nei confronti dei creditori.

L’art. 492-bis c.p.c. prevede che su istanza del creditore, il presidente del tribunale del luogo dove il debitore ha la residenza, domicilio, dimora o sede, può autorizzare la ricerca di beni pignorabili con modalità telematiche. Con tale autorizzazione l’ufficiale giudiziario può accedere mediante collegamento telematico ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni – in particolare anagrafe tributaria, pubblico registro automobilistico ed enti previdenziali – per acquisire le informazioni rilevanti per individuare beni e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.

5. Beni pignorabili e impignorabili

In generale, ai sensi dell’art. 2910 c.c. sono pignorabili tutti i beni rientranti nel patrimonio del debitore, nonché i beni appartenenti a terzi quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.

Ai sensi dell’art. 514 c.p.c., non sono tuttavia pignorabili i seguenti beni (c.d. beni assolutamente impignorabili):

  • i beni demaniali e quelli che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato, delle province e dei comuni;
  • gli edifici destinati all’esercizio del culto cattolico, le cose sacre e quelle che servono all’esercizio del culto;
  • i beni di Stati e sovrani stranieri, che abbiano una destinazione pubblica (residenze diplomatiche);
  • i beni dotali destinati a sostenere gli oneri del matrimonio;
  • l’usufrutto legale degli ascendenti;
  • i diritti di uso e di abitazione;
  • i beni del fondo patrimoniale, limitatamente ai debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia;
  • l’anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, gli utensili di casa e cucina etc.;
  • i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e della sua famiglia;
  • le armi e gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio;
  • le decorazioni al valore, le lettere, i registri e gli scritti di famiglia;
  • i crediti alimentari, tranne per causa di alimenti e sempre con l’autorizzazione del Giudice e per la parte dal medesimo stabilita;
  • i crediti aventi ad oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri o sussidi dovuti per maternità, malattia o funerali da enti vari.

Ai sensi dell’art. 515 c.p.c. sono pignorabili entro determinati limiti i seguenti beni (c.d. beni relativamente pignorabili):

  • in mancanza di altri mobili, le cose che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo;
  • nei limiti del quinto, gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione, dell’arte o del mestiere del debitore, allorché il presumibile valore di realizzo degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazione del credito; tale limite non si applica per i debitori costituiti in forma societaria e in ogni caso se nell’attività del debitore risulta una prevalenza del capitale investito sul lavoro.

6. Impignorabilità della prima casa

 In caso di debiti di natura tributaria, il D.L. n. 69/2013, convertito con modificazioni nella L. 9 agosto 2013 n. 98, ha imposto il divieto di pignoramento dell’unico immobile di proprietà del debitore, a condizione che:

  • in esso il contribuente abbia fissato la propria residenza;
  • non sia immobile di lusso, ossia non è una villa (A/8), un castello o un palazzo di eminente pregio artistico o storico (A/9);
  • sia accatastato come civile abitazione.

Se uno solo di questi requisiti manca e il debito del contribuente è almeno di € 120.000, l’Agenzia delle Entrate può procedere al pignoramento. Se invece l’importo è inferiore a € 120.000, ma superiore a € 20.000, l’agente di riscossione potrà solo iscrivere ipoteca sull’immobile. Non gli sarà possibile infatti agire esecutivamente e far vendere l’immobile all’asta.

Il decreto legge n. 50 del 24 aprile 2017 (convertito dalla l. 21 giugno 2017, n. 96) all’art. 8 ha modificato l’art. 76, comma 2 del DPR 602/1973, sostituendo le parole “del bene” con “dei beni”. Pertanto, mentre fino all’entrata in vigore di questo decreto il pignoramento era consentito se il valore del singolo immobile non era inferiore a € 120.000, l’art. 8 del D.L. n. 50 consente all’agente di riscossione di procedere esecutivamente se il contribuente ha un debito di almeno € 120.000 e se il valore catastale di tutti gli immobili posseduti è almeno di € 120.000 euro. L’agente di riscossione vede in tal modo ampliate le proprie possibilità di riscossione attraverso i pignoramenti immobiliari, poiché il limite di € 120.000 non è più applicato al singolo bene, bensì al complesso dei beni del debitore.

Prima di procedere con il pignoramento, è comunque necessario:

  • che venga iscritta ipoteca (adempimento che, invece, non è obbligatorio per gli altri creditori privati);
  • che, prima dell’iscrizione di ipoteca sia stato dato un preavviso al contribuente di almeno 30 giorni (il preavviso, cioè, deve specificare che si sta per iscrivere l’ipoteca: esso deve contenere il debito per il quale si procede, l’importo e l’indicazione dell’immobile, anche senza l’indicazione del valore catastale);
  • che siano passati sei mesi dall’iscrizione di ipoteca e il debitore non abbia pagato: solo allora si potrà procedere ad avviare la procedura esecutiva.

7. Il pignoramento mobiliare

Tutti  i  beni  mobili  che  vengono  trovati  dall’ufficiale  giudiziario nei luoghi in cui il debitore conduce la propria vita o il proprio lavoro con un minimo di stabilità si considerano di proprietà del debitore, senza che l’organo procedente abbia  il potere o il dovere di eseguire accertamenti sulla loro proprietà. Il Giudice, su ricorso del creditore, può inoltre autorizzare l’ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre.

Il pignoramento deve essere eseguito sulle cose che l’ufficiale giudiziario ritiene di più facile e pronta liquidazione, nel limite di un presumibile valore di realizzo pari all’importo del credito precettato aumentato della metà. In ogni caso l’ufficiale giudiziario deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di credito e ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione (art. 517 c.p.c.).

L’ufficiale  giudiziario  gode  di  un  potere  coercitivo  che  gli  consente,  quando  è  necessario, di aprire  porte,  ripostigli  o  recipienti,  vincere  la  resistenza  opposta  dal  debitore  o  da  terzi,  oppure allontanare persone che  disturbano l’esecuzione del pignoramento, richiedendo, quando occorre, l’assistenza della forza pubblica.

Quando  per  la  soddisfazione  del  creditore procedente  i  beni  mobili assoggettati  a  pignoramento  appaiono  insufficienti  ovvero  per  essi  appare manifesta  la  lunga  durata  della  liquidazione,  l’ufficiale  giudiziario  invita  il  debitore  ad  indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori (art. 492 4° comma c.p.c.).

8. Il pignoramento immobiliare

L’espropriazione  immobiliare  ha  ad  oggetto  qualunque  diritto  reale  di  godimento  su  di  un  bene qualificato  dalla  legge  come  immobile. Il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze ed i frutti della cosa pignorata (art. 2912 c.c.).

L’atto di pignoramento immobiliare consta di due parti:

  • una prima  parte,  nella  quale  deve  essere  indicato  esattamente il bene che s’intende espropriare;
  • una seconda parte,  nella  quale  è  contenuta  l’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario al debitore a non disporre del bene pignorato.

L’atto di pignoramento deve essere notificato al debitore e poi trascritto nei pubblici registri, a  cura  dell’ufficiale giudiziario competente per il pignoramento o del creditore procedente.

Il  creditore (procedente od intervenuto) che richiede la vendita deve  provvedere, entro  60  giorni dal  deposito  del  ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del catasto, nonché  i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento. Tale termine può essere prorogato solo una volta per giusti motivi, su istanza del creditore o dell’esecutato, per un periodo ulteriore di 60 giorni. Decorso tale termine il pignoramento diviene inefficace.

Depositata l’istanza di pignoramento e la documentazione ipocatastale, il giudice nomina un esperto per la stima dell’immobile e fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori. Nel determinare il valore dell’immobile, l’esperto provvede al calcolo della superficie dell’immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo.

Non oltre 30 giorni prima dell’udienza, il creditore pignorante e i creditori già intervenuti depositano un atto, sottoscritto personalmente dal creditore e previamente notificato al debitore esecutato, nel quale è indicato l’ammontare del residuo credito per cui si procede, comprensivo degli interessi maturati, del criterio di calcolo di quelli in corso di maturazione e delle spese sostenute fino all’udienza. In difetto, agli effetti della liquidazione della somma di cui al primo comma dell’articolo 495, il credito resta definitivamente fissato nell’importo indicato nell’atto di precetto o di intervento, maggiorato dei soli interessi al tasso legale e delle spese successive (d.l. 14 dicembre 2018 n. 135).

Con l’ordinanza con cui provvede sull’istanza di vendita, il giudice delega a professionisti iscritti in appositi elenchi il compimento delle operazioni di vendita, tranne nel caso in cui, sentiti i creditori, non ravvisi l’esigenza di procedere direttamente alle operazioni. Nella medesima ordinanza il giudice stabilisce:

  • il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate;
  • le modalità della pubblicità;
  • il luogo di presentazione delle offerte;
  • il luogo ove si provvede all’esame delle offerte, alla gara tra gli offerenti ed alle operazioni dell’eventuale incanto.

9. Il pignoramento presso terzi

Nell’espropriazione  presso  terzi  la  pretesa espropriativa  del  creditore  procedente   cade  su  di  un rapporto giuridico obbligatorio intercorrente fra il debitore del creditore ed un terzo. L’espropriazione presso terzi può infatti avere ad oggetto:

  • i crediti  di  somme  di  denaro  di  cui  sia  titolare  il  debitore  escusso  verso  un  terzo (c.d. debitor debitoris);
  • i beni mobili che non si trovino presso il debitore, dei quali egli non abbia la diretta disponibilità, ma  si  trovino  nella  detenzione  qualificata  di  un  terzo,  il  quale perciò ha l’obbligo di restituirli all’avente diritto.

Il  pignoramento  presso terzi si esegue mediante un atto, notificato al terzo e al debitore, proveniente dal  creditore  e contenente:

  • l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
  • l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice;
  • la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente, nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore procedente;
  • la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del luogo sopra indicato, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all’articolo 547 C.p.c. e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori.

Il terzo pignorato deve comunicare la dichiarazione al creditore procedente entro 10 gg. a mezzo di raccomandata o posta elettronica certificata. Detto termine comincia a decorrere dalla notifica al terzo del pignoramento e non ha carattere perentorio, nel senso che la dichiarazione è valida ed efficace anche se giunge dopo la sua scadenza, purché in tempo utile per l’udienza (art.  543 c.p.c.).

10. Pagamento nelle mani dell’Ufficiale giudiziario e conversione del pignoramento

Il debitore può evitare il pignoramento dei suoi beni attraverso il pagamento nelle mani  dell’ufficiale  giudiziario, con  denaro contante o con mezzo equivalente (art. 494 c.p.c.).

Attraverso la conversione  del  pignoramento il debitore può invece far cessare gli effetti del pignoramento cambiandone l’oggetto. Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione del bene pignorato (mobile o immobile), il debitore può infatti chiedere di sostituire ai beni o ai crediti  pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese (art. 495 c.p.c.).

Unitamente all’istanza il debitore deve depositare in cancelleria un importo non inferiore ad un sesto (d.l. 14 dicembre 2018 n. 135) dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento. La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell’istanza di conversione.

Il giudice può disporre, se  ricorrono  giustificati  motivi,  che  il  debitore  versi  con  rateizzazioni  mensili  entro  il termine massimo di 48 mesi (d.l. 14 dicembre 2018 n. 135)  la somma determinata con ordinanza dal giudice dell’esecuzione a seguito del deposito dell’istanza di conversione, maggiorata degli interessi al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. Il Giudice provvede ogni sei mesi alla distribuzione tra i creditori di quanto versato dal debitore.

I beni pignorati sono liberati dal vincolo dopo il versamento dell’intera somma.

Qualora il  debitore  ometta  il  versamento  ovvero ometta o ritardi di oltre 30 giorni (d.l. 14 dicembre 2018 n. 135) il versamento anche di una sola delle rate previste, le somme versate vengono considerate come una parte dei beni pignorati e il giudice ne dispone la vendita.

11. L’intervento nell’esecuzione

L’intervento del creditore nell’esecuzione promossa da altro creditore si effettua mediante un ricorso  nel quale si chiede di partecipare alla distribuzione del ricavato. Il creditore può intervenire qualora possegga un titolo esecutivo (giudiziale o stragiudiziale). Tuttavia possono partecipare anche i creditori sprovvisti di titolo esecutivo, purché si tratti di creditori che:

  • al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro conservativo sui beni successivamente pignorati;
  • hanno un diritto di pegno o di prelazione, risultante da pubblici registri, sui beni pignorati;
  • il cui credito è documentato dalle scritture contabili imprenditoriali.

Devono essere avvertiti dell’espropriazione i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di  prelazione risultante da pubblici registri (art.  498 c.p.c.). A tal fine è notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore pignorante ed entro 5 giorni dal pignoramento, un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate. In mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non può provvedere sull’istanza di assegnazione o di vendita. Tuttavia, qualora la vendita venga ugualmente realizzata, essa è ugualmente valida, e il creditore non intervenuto potrà  agire  soltanto  per  il  risarcimento  del  danno  contro  il  creditore  procedente.

L’intervento deve essere depositato entro la prima udienza di autorizzazione alla vendita, ovvero entro l’udienza fissata per la dichiarazione  del  terzo nell’espropriazione  presso  terzi (art. 499 c.p.c.). Qualora il creditore spieghi intervento dopo tale momento (c.d. intervento tardivo), lo stesso potrà concorrere alla distribuzione del  ricavato solo dopo il soddisfacimento degli altri creditori,  quindi  sull’eventuale residuo. Tale effetto tuttavia  interessa solo i creditori chirografari; i creditori muniti di prelazione sui beni pignorati conservano infatti la priorità nella distribuzione anche se sono intervenuti tardivamente.

12. La vendita forzata

Al pignoramento dei beni del debitore segue la fase della vendita forzata o dell’assegnazione, la cui funzione è quella di trasformare, o meglio convertire, i beni pignorati in importi in denaro, in modo da soddisfare i creditori. Tale fase non è pertanto necessaria  qualora il pignoramento cada direttamente sul denaro del debitore o su beni ad esso equiparati, poiché in tal caso la somma viene direttamente distribuita o assegnata ai creditori.

La vendita forzata deve essere chiesta dal creditore procedente o da altro intervenuto, purché  provvisto  di  titolo  esecutivo. L’istanza di vendita (o di assegnazione) deve essere proposta non prima di 10 gg. e non oltre 45 gg. dal pignoramento, a pena di inefficacia del medesimo (art. 497 -501 c.p.c.).

La vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede (art. 2919 c.c.). Se oggetto della vendita è una cosa mobile, coloro che avevano la  proprietà  o  altri  diritti  reali  su  di  essa,  ma  non  hanno  fatto  valere  le  loro  ragioni  sulla  somma ricavata  dall’esecuzione,  non  possono  farle  valere  nei  confronti  dell’acquirente  di  buona  fede,  né possono  ripetere  dai  creditori  la  somma  distribuita.  Resta  ferma  la  responsabilità  del  creditore procedente di mala fede per i danni e per le spese (art. 2920 c.c.).

Secondo quanto stabilito dall’art. 503 c.p.c., la vendita forzata può farsi:

  • con incanto, ovvero in pubblica udienza con gara tra i vari offerenti;
  • senza incanto.

13. L’assegnazione

 L’istanza di assegnazione o di vendita dei beni mobili pignorati può essere proposta dal creditore pignorante, o da ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo, decorsi 10 giorni dal pignoramento, tranne che per le cose deteriorabili per le quali può essere disposta l’assegnazione o la vendita immediata.

Su tale istanza il giudice fissa un’udienza in cui le parti potranno svolgere osservazioni circa tempo e modi della vendita e proporre eventuali opposizioni agli atti esecutivi, se non decaduti dal diritto di proporle. Se non vi sono opposizioni o se su di esse viene raggiunto un accordo, il giudice dispone con ordinanza l’assegnazione o la vendita: se vi sono opposizioni il giudice decide sulle stesse con sentenza e dispone l’assegnazione o la vendita (art. 530 comma 1 c.p.c.).

Il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara nonché il pagamento del prezzo dovranno essere effettuati con modalità telematiche, salvo che le stesse non siano pregiudizievoli per il creditore o per il celere svolgimento della procedura.

Almeno dieci giorni prima della scadenza per la presentazione delle offerte, su disposizione del giudice, dovrà essere effettuata la pubblicità della vendita mediante un avviso contenente tutti i dati che possono interessare il pubblico che viene inserito sul portale del Ministero della giustizia in un’area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”.

14. Vendita con incanto e senza incanto

 Nell’espropriazione mobiliare, due sono le forme di vendita che possono essere disposte dal giudice:

  1. Vendita senza incanto o a mezzo commissionario (art. 532 c.p.c.). In questo caso, le cose pignorate devono essere affidate all’istituto vendite giudiziarie o ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario dell’esecuzione. Il giudice fissa un prezzo minimo per la vendita del bene e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita e può imporre al commissionario una cauzione. Il giudice fissa altresì il numero complessivo, non superiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non superiore a sei mesi, alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria.
  2. Vendita con incanto (art. 534 c.p.c. e ss.), che costituisce la modalità di vendita più diffusa e può essere disposta solamente quando il Giudice ritiene probabile che tale modalità di vendita abbia luogo a un prezzo superiore della metà rispetto al valore dei beni, da determinarsi secondo gli artt. 518 e 540 bis c.p.c. Nel caso ciò non avvenga, il giudice dell’esecuzione affida la vendita al cancelliere, all’ufficiale giudiziario o ad un istituto apposito, e stabilisce inoltre il prezzo di apertura dell’incanto oppure dispone che la vendita avvenga al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo, se le circostanze lo consigliano.

La vendita all’incanto è caratterizzata dalle seguenti regole:

  • le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti, secondo la convenienza;
  • la prima offerta non può essere inferiore al prezzo base;
  • per le offerte successive, che devono superare il prezzo base, il bene viene aggiudicato al maggiore offerente;
  • la vendita viene effettuata per contanti e la somma è immediatamente consegnata al cancelliere;
  • se delle cose invendute nessuno dei creditori chiede l’assegnazione, il giudice dell’esecuzione ordina un nuovo incanto a qualsiasi offerta.

In caso di mancata vendita delle cose pignorate, o quando la somma assegnata non è sufficiente a soddisfare i creditori, il giudice ordina l’integrazione del pignoramento. Se sono pignorate nuove cose il giudice ne dispone la vendita; in caso contrario dichiara l’estinzione del procedimento.

15. La vendita nel pignoramento immobiliare

 La vendita immobiliare può essere disposta dal giudice con due diverse modalità: senza incanto o con incanto. Nel primo caso – che costituisce la regola generale – il giudice deve fissare un termine, non inferiore a 90 giorni e non superiore a 120 giorni, entro il quale possono essere proposte offerte d’acquisto. Il giudice stabilisce altresì le modalità con cui deve essere prestata la cauzione, se la vendita deve avvenire in uno o più lotti, il prezzo base e il termine, non superiore a 120 giorni, entro il quale deve essere depositato il prezzo. Fissa, inoltre, l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti.

Se ricorrono giustificati motivi, il giudice può autorizzare il pagamento rateale del prezzo dell’immobile pignorato, entro un termine di 12 mesi. In questo caso, il giudice può autorizzare il compratore, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell’immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione per almeno il 30% del prezzo di vendita.

L’offerente deve presentare in cancelleria dichiarazione contenente l’indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento. L’offerta non deve essere inferiore di oltre un quarto al prezzo stabilito dal giudice, e inoltre deve essere prestata cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo offerto.

Se l’offerta è pari o superiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, la stessa è senz’altro accolta; se il prezzo offerto è inferiore rispetto al prezzo stabilito in misura non superiore ad un quarto, il giudice può far luogo alla vendita se ritiene che non sia possibile un prezzo superiore con una nuova vendita e se non sono state presentate istanze di assegnazione dell’immobile pignorato.

Se vi sono più offerte, l giudice invita gli offerenti ad una gara sull’offerta più alta; se nessun offerente aderisce alla gara il giudice, se ritiene che non sia possibile conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita, dispone la vendita a favore di colui che ha presentato l’offerta più alta o, nel caso di più offerte del medesimo valore, a chi ha presentato l’offerta per primo.

16. La vendita senza incanto nel pignoramento immobiliare

 La vendita con incanto è disposta da giudice solo nel caso in cui il giudice ritiene probabile che con tale modalità si possa realizzare un prezzo superiore della metà rispetto al valore de bene. In tal caso, il giudice stabilisce (art. 576 c.p.c.):

  • se la vendita deve essere fatta in più lotti;
  • il prezzo base dell’incanto;
  • il giorno e l’ora dell’incanto;
  • il termine che deve trascorrere tra il compimento delle forme di pubblicità e l’incanto;
  • l’ammontare della cauzione, in misura non superiore al decimo del prezzo base d’asta e termine per il deposito;
  • la misura minima dell’aumento da apportare alle offerte;
  • il termine, non superiore a 60 giorni dall’aggiudicazione, entro il quale il prezzo deve essere depositato e le modalità di deposito.

Se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dichiara la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e dispone un nuovo incanto. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza.

Se non vi sono domande di assegnazione (art. 588 c.p.c.) o se decide di non accoglierle, il giudice dispone l’amministrazione giudiziaria del bene pignorato, diretta ad impedire gli effetti svantaggiosi di una liquidazione immediata del patrimonio immobiliare, nel caso in cui il cespite pignorato produca frutti civili. L’amministrazione giudiziaria dell’immobile (art. 592 c.p.c.) è disposta per un tempo non superiore ai tre anni ed è affidata ad uno o a più creditori o a un istituto all’uopo autorizzato, oppure allo stesso debitore se tutti i creditori vi consentano.

L’amministratore giudiziario deve gestire i beni ed esigere le rendite che verranno depositate di volta in volta presso un deposito bancario dedicato. Nel termine fissato dal giudice, e in ogni caso alla fine di ciascun trimestre, deve presentare in cancelleria il conto della sua gestione e depositare le rendite disponibili nei modi stabiliti dal giudice. Il giudice può disporre che le rendite riscosse siano assegnate ai creditori con un riparto parziale. Qualora la gestione non sia conveniente il creditore pignorante o uno dei creditori intervenuti può chiedere che il giudice, sentite le parti, proceda ad un nuovo incanto o all’assegnazione dell’immobile.

L’amministrazione cessa e deve essere ordinato un nuovo incanto, quando viene a scadere il termine previsto dal giudice tranne che quest’ultimo, su richiesta di tutte le parti, non ritenga di poter concedere una o più proroghe che non prolunghino complessivamente l’amministrazione oltre i tre anni.

17.L’assegnazione

L’assegnazione dei beni consiste nell’attribuzione diretta del bene pignorato al creditore procedente al fine di soddisfare le proprie ragioni creditorie. L’assegnazione può  essere  chiesta  anche  dal creditore  tempestivamente  intervenuto  e  provvisto  di  titolo  esecutivo;  tuttavia  in  presenza  di  pluralità  di  creditori  l’assegnazione può essere disposta dal giudice solo con l’accordo di tutti (art.  505 c.p.c.).

Il creditore assegnatario dei beni pignorati deve pagare, per vedersi assegnato il bene pignorato, una somma non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione (art. 506 c.p.c.). Sull’eventuale eccedenza di valore del bene assegnato concorrono il creditore procedente e gli altri intervenuti osservate le cause di prelazione.

Nella procedura esecutiva mobiliare l’assegnazione può essere chiesta sin dall’inizio per i titoli di credito o per quei beni il cui valore risulti da listino di borsa o di mercato (art. 529 c.p.c.); per tutti gli altri beni, ad eccezione degli oggetti d’oro e d’argento che, se restano invenduti, sono assegnati ai creditori per il loro valore intrinseco, l’assegnazione non può essere richiesta in quanto, quando il bene messo all’incanto resta invenduto, il soggetto a cui è stata affidata l’esecuzione della vendita fissa un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di un quinto rispetto a quello precedente (art. 538 c.p.c.).

Nell’espropriazione immobiliare l’assegnazione del bene pignorato può essere chiesta da ogni creditore intervenuto  (indipendentemente dal  fatto che sia provvisto o meno  di  titolo  esecutivo), per sé o a favore di un terzo,  nell’eventualità  in  cui  la  vendita  all’incanto  non  abbia  luogo  per mancanza di offerte, nel termine di dieci giorni prima dell’udienza fissata per la vendita (art. 588 c.p.c.). Il Giudice dell’esecuzione può disporre la distribuzione, anche parziale, delle somme ricavate, a favore di creditori aventi diritto all’accantonamento (ex art. 510, comma 3) o di creditori i cui crediti siano contestati (ex art. 512),  a condizione che sia presentata  una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta.

Nell’espropriazione presso terzi, l’assegnazione costituisce l’unica forma satisfattoria prevista quando il pignoramento riguarda somme di denaro immediatamente esigibili o esigibili in un termine non superiore a 90 giorni (art. 553 c.p.c.).

18. La distribuzione

Conclusa la fase della vendita o assegnazione inizia la terza e ultima fase della procedura esecutiva: la distribuzione del ricavato tra i creditori. A tal fine occorre formare il c.d. piano di riparto, anche parziale, delle somme ricavate dalla vendita (art. 596 c.p.c);  esso viene predisposto dal professionista delegato non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, che deve tener conto della graduazione dei creditori che vi partecipano. Il progetto di distribuzione parziale non può superare il 90% delle somme da ripartire.

Sono previsti i seguenti criteri in ordine di priorità:

  • spese processuali (art. 2770 c.c.);
  • creditori muniti di privilegi e di ipoteche in base ai rispettivi diritti di prelazione;
    creditori chirografari intervenuti tempestivamente;
  • creditori chirografari tardivamente intervenuti.

Le eventuali somme residue devono essere consegnate al debitore.

Se in sede di distribuzione della somma ricavata sorgono controversie tra i creditori o tra i creditori e debitori o terzo, circa la sussistenza o meno di uno o più crediti e, ancora, circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e dopo aver eseguito gli accertamenti necessari, provvede con ordinanza impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 comma 2 c.p.c. Con la medesima ordinanza può, anche, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata.

 

Avv. Valerio Pandolfini

Avvocato Recupero Crediti

 

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Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate  non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in  alcun modo considerarsi come sostitutivo  di una consulenza legale specifica.

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