Il pignoramento del conto corrente
Attraverso il pignoramento presso terzi, il creditore può espropriare i crediti che il debitore vanta nei confronti di un terzo. Tra i principali crediti sottoponibili a pignoramento presso terzi vi sono i conti correnti. Il pignoramento del c/c corrente rappresenta per il creditore una delle modalità esecutive più rapide e meno costose. L’efficacia del pignoramento del c/c è legata all’esistenza sul conto di giacenze monetarie aggredibili, che può essere accertata tramite un’indagine patrimoniale. I c/c bancari sono pignorabili entro determinati limiti, in caso di somme accreditate a titolo di stipendio o pensione. In caso di C/c cointestato, la banca è autorizzata a vincolare il saldo attivo presente sul conto fino alla concorrenza dell’intero importo pignorato, senza tenere conto delle quote presuntive di spettanza dei cointestatari.
1. Il pignoramento del conto corrente
Attraverso il pignoramento presso terzi, il creditore può espropriare i crediti che il debitore vanta nei confronti di un terzo. Tra i principali crediti sottoponibili a pignoramento presso terzi vi sono i conti correnti, bancari o postali.
Il pignoramento del conto corrente rappresenta per il creditore una delle modalità esecutive più rapide e meno costose, se paragonate al pignoramento mobiliare e a quello immobiliare. Anche per tale ragione, soprattutto a seguito della legislazione emergenziale per la pandemia Covid-19, che ha notevolmente ostacolato le procedure di recupero crediti, il pignoramento del conto corrente è una delle procedure che garantisce al creditore un migliore efficacia nel recupero del credito.
Tuttavia, l’efficacia del pignoramento del conto è legata all’esistenza sul conto di giacenze monetarie aggredibili, cioè ad un saldo capiente, sufficiente a garantire al creditore il recupero del credito.
Tale circostanza può (ed anzi, deve) essere accertata dal creditore, almeno in parte, attraverso un’analisi patrimoniale, ovvero tramite indagini svolte da società specializzate.
Tale analisi consente al creditore di accertare anzitutto l’esistenza di un conto corrente del debitore pignorabile, è possibile infatti individuare, in un’area geografica limitata o a livello nazionale, i codici ABI e CAB di uno o più conti del debitore e quindi risalire alla località dell’istituto bancario e alla filiale presso cui sono registrati gli importi pignorabili.
Inoltre, è possibile conoscere la movimentazione e/o l’eventuale inattività del c/c da pignorare. Non è invece possibile conoscere, base alla vigente normativa sulla privacy, il saldo del conto.
2. Quali somme del conto corrente possono essere pignorate?
È consolidato in giurisprudenza il principio per cui il creditore può pignorare solo l’eventuale saldo positivo del conto, e non, anche, i singoli versamenti (rimesse) che sono diretti a ripristinare la disponibilità, in quanto il c/c bancario dà luogo ad un rapporto giuridico unitario.
La giurisprudenza ha altresì precisato che non è pignorabile la mera disponibilità derivante al correntista in virtù di un contratto di apertura di credito, qualora cioè il conto sia affidato. Al momento della stipula di tale contratto, infatti, la banca si limita a mettere a disposizione del cliente una somma di denaro, ma il cliente non è ancora creditrice della stessa, fino a quando non sia stata effettivamente utilizzata; fino a tale momento si tratta quindi di un credito solo futuro ed eventuale, in quanto tale non pignorabile.
In altri termini, con l’apertura di credito, la banca si impegna a tenere una determinata somma a disposizione del correntista, che resta obbligato a restituirla (pur potendola impiegare in più volte e potendo ripristinare l’originaria disponibilità); pertanto, prima di avere utilizzato la provvista, il correntista non può essere considerato titolare di un bene assoggettabile a espropriazione forzata, perché si tratta di un rapporto in cui è la banca a concedere credito al correntista e in relazione al quale, quindi, egli è un debitore e non creditore.
Pertanto, se, al momento del pignoramento, il saldo del conto corrente è negativo, le eventuali successive rimesse a favore del correntista non determinano necessariamente l’esistenza di un credito pignorabile, se non nella misura in cui esse siano tal da rendere positivo il saldo (e, in ogni caso, nei limiti di tale saldo positivo), anche qualora ciò avvenga in epoca successiva alla notifica del pignoramento, non se riducono semplicemente l’ammontare del saldo negativo.
In definitiva, nel caso in cui, al momento della notificazione del pignoramento avente ad oggetto il credito costituito dal saldo del rapporto di conto corrente bancario, quest’ultimo sia negativo, occorre distinguere:
- se successive rimesse a favore del correntista rendono il saldo positivo, tale saldo positivo sarà automaticamente assoggettato al pignoramento e vincolato in favore del credito procedente;
- se, nonostante le successive rimesse a favore del correntista, il saldo del rapporto resta comunque negativo, non può ritenersi venuto in essere un credito del cliente (debitore esecutato) assoggettabile al vincolo del pignoramento.
Nel caso dunque in cui il conto sia negativo, la banca – sempre che il saldo del conto non diventi mai attivo per il correntista – può continuare a concedere ulteriore credito, così determinando l’incremento del proprio credito e, correlativamente, dell’esposizione del correntista debitore, anche se, nel frattempo, siano intervenute rimesse tali da ridurre l’esposizione medesima. In tale eventualità, infatti, la banca resta sempre creditrice del correntista e non ne diviene mai debitrice, con la conseguenza che non viene mai a esistenza un credito del correntista nei confronti della banca che possa comportare il perfezionamento del pignoramento in origine negativo.
3. La procedura del pignoramento del conto corrente
La procedura del pignoramento del conto corrente è identica a quella del pignoramento presso terzi, che abbiamo già analizzato diffusamente in un altro articolo. Ripercorriamo di seguito le fasi salienti di tale procedura.
L’atto di pignoramento, che non ha funzione di imporre sul credito del debitore esecutato un vincolo di destinazione per il soddisfacimento del creditore, si compone di determinati elementi, previsti nel dettaglio dalla legge, ed è costituito da due parti distinte: la prima, proveniente dal creditore, incentrata sulla citazione a comparire del debitore; la seconda, dell’ufficiale giudiziario, costituita dalla dichiarazione di pignoramento e dall’intimazione al debitore e al terzo di non disporre delle somme pignorate prima dell’ordine del Giudice dell’Esecuzione (G.E.).
Il terzo pignorato (cioè la banca), una volta ricevuto l’atto di pignoramento, deve inviare al creditore una comunicazione entro 10 gg dalla notifica dell’atto, a mezzo raccomandata o PEC specificando (art. 547, primo e secondo comma c.p.c.):
- di quali somme è debitore e quando ne deve eseguire il pagamento in favore del debitore;
- se sono stati effettuati sequestri prima del pignoramento;
- se sono state effettuate cessioni di credito prima del pignoramento;
- se sono stati effettuati pignoramenti sia prima che dopo il pignoramento del credito.
Il terzo (cioè la banca) è tenuto a custodire la somma pignorata, nel limite dell’importo dedotto in precetto aumentato del 50%, ed è tenuto a non disporre delle somme pignorate senza ordine del G.E., per tutta la durata del processo esecutivo.
L’inosservanza dell’obbligo di custodia è sanzionata- salvo che il fatto costituisca reato più grave- dall’art. 388-bis c.p.c. (violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo).
Dopo la notifica dell’atto di pignoramento non hanno effetto nei confronti del creditore procedente gli atti di disposizione sul credito compiuti dal debitore esecutato (es. cessioni) né i pagamenti o i prelievi da parte del terzo (art. 2917 c.c.).
In caso di dichiarazione positiva del terzo pignorato, e qualora la stessa non sia contestata dal creditore procedente, il G.E., sentite le parti (creditore procedente e debitore esecutato eventualmente comparso all’udienza), ordina l’assegnazione in favore del creditore delle somme pignorate, eventualmente previa ripartizione pro quota con i creditori concorrenti, se (come accade in caso di somme depositate sul c/c) il credito è esigibile immediatamente, o comunque entro un termine non superiore a 90 gg. (art. 553, 1° comma, c.p.c.).
Se le somme di cui il terzo è debitore al momento della notifica del pignoramento aumentano successivamente (es.: rimesse sul c/c, stipendi accreditati sul c/c), il terzo non può disporre di tali sopravvenienze e deve inviare una dichiarazione integrativa o comparire in udienza per rettificare la dichiarazione precedente.
Se invece il terzo non invia la comunicazione al creditore, il G.E. su istanza del creditore fissa una nuova udienza, nella quale, se il terzo non compare o rifiuta la dichiarazione, il credito si considera non contestato ai fini del procedimento, se l’atto di pignoramento consente l’identificazione del credito, il G.E. provvede all’assegnazione. Ciò accade anche quando il creditore individua il c/c oggetto del pignoramento ma non precisa l’entità della somma dovuta dalla banca al debitore (cioè la giacenza sul c/c). In questo caso, la mancata dichiarazione del terzo comporta un accertamento implicito in ordine all’esistenza del rapporto di debito/credito tra debitore e banca.
Se il terzo invece compare all’udienza e contesta di essere creditore del debitore, oppure se non è possibile l’esatta identificazione del credito, si apre una fase contenziosa del procedimento, avente ad oggetto la verifica del credito vantato dal debitore nei confronti del terzo. Lo stesso accade se il terzo invia al creditore una dichiarazione negativa.
4. I limiti di pignorabilità delle somme accreditate a titolo di stipendio o pensione sul conto corrente
Ai sensi dell’art. 545, commi 7-8 c.p.c., nel caso in cui sul conto corrente del debitore pignorato affluiscano somme a titolo di stipendio, pensione o altre indennità similari, il pignoramento incontra alcuni limiti.
Il DL. n. 83/2015 (convertito in L. n. 132/2015), aveva modificato la norma prevedendo che le somme dovute sia a titolo di stipendio che di pensione accreditate in data antecedente alla notifica del pignoramento potessero essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (c.d. “tesoretto”).
L’assegno sociale è una prestazione economica erogata ai cittadini in condizioni economiche disagiate e con redditi inferiori alle soglie previste annualmente dalla legge. Nonostante che la norma non lo preveda in modo esplicito, il triplo dell’assegno sociale deve calcolarsi sull’importo mensile (e non annuale). Ai fini del calcolo dell’importo dell’assegno concorrono tutti i redditi al netto dell’imposizione fiscale. Vanno invece esclusi i trattamenti di fine rapporto, le competenze arretrare soggette a tassazione separata, il valore dello stesso assegno sociale nonché il reddito della casa di abitazione principale, l’indennità di accompagnamento e i trattamenti di famiglia.
L’art. 21-bis della L. 21 settembre 2022, n. 142, di conversione del D.L. 9 agosto 2022, n. 115 (c.d. Decreto Aiuti bis), pubblicata sulla G.U. del 21 settembre 2022, ha introdotto delle modifiche al limite di impignorabilità delle pensioni di cui al settimo comma dell’art. 545 c.p.c., stabilendo che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 Euro, mentre la parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e quinto comma dell’art. 545 c.p.c. nonché dalle speciali disposizioni di legge.
Il Decreto Aiuti bis ha quindi introdotto due novità:
- è stato aumentato il limite alla pignorabilità delle pensioni collegato all’ammontare dell’assegno sociale che, invece, di essere pari alla misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà, è oggi corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale;
- è stato previsto il limite minimo di €. 1.000,00.
Attualmente (2024) l’importo dell’assegno sociale è pari a 534,41 euro per 13 mensilità (cfr. circolare INPS n. 1 del 2 gennaio 2024).
Il terzo pignorato è dunque obbligato a custodire solo ciò che eccede il doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale presente sul c/c alla data del pignoramento (con un minimo di Euro 1.000,00) e a consentire al correntista/debitore il prelievo del c.d. “tesoretto” al fine di garantire i mezzi adeguati a soddisfare le primarie esigenze di vita che potrebbero essere precluse da un prelievo integrale del c/c. Gli importi eventualmente eccedenti tale somma confluiti sul conto del debitore prima della notifica del pignoramento sono invece liberamente pignorabili, non soltanto nei limiti di 1/5.
Per quanto riguarda, invece, gli accrediti di somme a titolo di stipendio o di pensione contestuali o successivi alla data di notifica del pignoramento:
- in caso di pensione, questa dovrà essere vincolata nella misura di un quinto, calcolata sulla parte eccedente l’assegno sociale aumentato della metà (quindi €. 690,42 per l’anno 2021);
- in caso di stipendio, questo dovrà essere vincolato nella misura di un quinto.
Sono quindi pignorabili entro i limiti di cui sopra tutte le somme confluite sul c/c a titolo di retribuzione o pensione successivamente alla notifica dell’atto di pignoramento, fino alla data del provvedimento di assegnazione da parte del G.E. di cui all’art. 553 c.p.c. (art. 545 comma 8 c.p.c.). Di conseguenza il terzo pignorato, nel caso di successivi accrediti di ratei stipendiali, dovrà vincolare e custodire 1/5 di quanto pervenuto, mentre nel caso di accrediti di ratei pensionistici dovrà vincolare e custodire solo 1/5 dell’eccedenza rispetto al “minimo vitale” (ossia l’eccedenza rispetto all’importo dell’assegno sociale mensile aumentato della metà). In tutti gli altri casi di rimesse aventi natura diversa, gli obblighi di custodia del terzo si estendono all’intero accreditamento.
Ai sensi dell’art. 546 c.p.c., le somme impignorabili sono da considerarsi immediatamente nella disponibilità del debitore pignorato, in quanto gli obblighi del terzo “non operano” e pertanto non è necessario attendere un’eventuale pronuncia di impignorabilità in udienza.
Qualora sussistano precedenti pignoramenti, se essi hanno la stessa causa, il nuovo pignoramento trova applicazione automaticamente (senza necessità di ulteriori atti di esecuzione forzata) non appena sarà pagato il primo; se, invece si tratta di cause diverse (ad esempio debiti tributari, debiti alimentari all’ex coniuge e debiti per fornitori e altri privati come la banca, il professionista., etc.), pignoramenti possono coesistere ma non possono mai superare il 50% della retribuzione del dipendente (art. 545, commi 2-5 c.p.c.).
Qualora venga pignorato un c/c con saldo negativo al momento della notifica del pignoramento, su cui solo successivamente vengano in essere delle poste attive per effetto di accreditamenti aventi natura retributiva o pensionistica, le rimesse successive, che consentono al correntista di tornare in attivo, devono ritenersi pignorabili nei limiti di 1/5.
L’art. 545 ult. co. c.p.c. prevede che il pignoramento eseguito in violazione dei divieti e oltre i limiti sopra indicati è inefficace e, tale inefficacia è rilevabile dal G.E. anche d’ufficio. L’inefficacia del pignoramento in tal caso è parziale, ossia limitata alla quota del credito che non era pignorabile (ad esempio quella eccedente 1/5 del trattamento pensionistico già decurtato).
La cessione volontaria dello stipendio non è opponibile alla parte creditrice procedente e la quota pignorabile deve essere calcolata sull’intera somma percepita, come se la cessione non fosse mai avvenuta.
Per quanto concerne la cessione volontaria del quinto della retribuzione, se tale cessione si è perfezionata prima del pignoramento, può essere pignorata solo la differenza tra la metà dell’intera retribuzione e la quota ceduta, fermo restando i limiti di cui all’art. 2 D.P.R. n. 157/1980 (cioè nei limiti di 1/5, tranne i crediti alimentari). (art. 68 co. 2 D.P.R. n. 157/1980, L. n. 311/2004).
5. Pluralità di pignoramenti del conto corrente
Un’eventualità che accade frequentemente è quella di plurimi e contemporanei pignoramenti del medesimo c/c sul quale confluiscano somme di danaro dovute a causa di retribuzione o pensione.
In questi casi, il terzo pignorato deve accantonare, alla data di notifica del pignoramento, solo l’eventuale importo che dovesse residuare una volta liberato il “tesoretto” pari al triplo dell’assegno sociale e disporre il blocco delle somme successivamente accreditate, dalla data di notifica del pignoramento sino all’ordinanza del G.E., entro i limiti di 1/5 della retribuzione o di 1/5 della pensione al netto dell’assegno sociale aumentato della metà. Il G.E. ripartirà quindi le somme accantonate dal terzo in proporzione ai crediti.
Può inoltre accadere che l’atto di pignoramento venga notificato a più terzi, al fine di aumentare le possibilità per il creditore di vedere soddisfatto il proprio credito; ad esempio, il pignoramento può essere notificato dal creditore sia presso il datore di lavoro e/o l’INPS (“alla fonte”) che presso la banca ove vengono accreditate sul c/c le somme a titolo di stipendio o pensione (“ a valle”).
In tal caso, il debitore pignorato non può subire una “doppia trattenuta” (“alla fonte” e a “valle”), in quanto verrebbero aggirati i limiti di pignorabilità previsti dall’art. 545 c.p.c.; dovrà quindi essere dichiarata dal G.E., ogniqualvolta rilevi una duplicazione di trattenute, l’impignorabilità assoluta di tutte le somme accreditate sul c/c provenienti da uno stipendio o pensione già pignorati “alla fonte”, anche d’ufficio.
Qualora un creditore pignori un c/c sul quale è accreditato uno stipendio o pensione già pignorati in passato ed ancora gravato dalla trattenuta di 1/5, nel caso in cui risulti che il saldo positivo del c/c pignorato sia costituito unicamente dagli accrediti mensili di uno stipendio già gravato dal precedente pignoramento del quinto, il credito verso la Banca è interamente impignorabile, senza distinzione tra accrediti precedenti o successivi rispetto alla data del pignoramento.
6. Il pignoramento del conto corrente cointestato
Ai sensi dell’art. 599, comma 1 c.p.c., possono essere pignorati i beni indivisi anche quando tutti ti comproprietari non sono obbligati verso il creditore.
Qualora il conto corrente bancario pignorato sia cointestato, dal debitore unitamente ad altra persona estranea alla procedura esecutiva, secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza i rapporti interni tra correntisti sono regolati dall’art. 1298 comma 2 c.c., in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, se non risulti diversamente. Pertanto, qualora il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, l’altro non può, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo. Inoltro, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’interno dello svolgimento del rapporto. La Banca, dunque, quale soggetto terzo pignorato, non è tenuta a vincolare l’intero ammontare del denaro depositato.
Tuttavia, si registra in giurisprudenza un diverso orientamento, in base al quale la banca terza pignorata è tenuta a bloccare per intero i rapporti bancari sino alla concorrenza dell’importo pignorato. Tale orientamento si fonda sulla difficoltà per la Banca di individuare le effettive quote di spettanza dell’uno e dell’altro cointestatario. In altri termini, la Banca deve essere tenuta esente dalla valutazione di problemi connessi ai diritti dei cointestatari, la cui opportuna sede di discussione è l’udienza ex artt. 547 e 548 c.p.c. (v. l’approfondimento sul pignoramento presso terzi).
Infatti, anche se il terzo ha uno specifico dovere di collaborazione nella procedura esecutiva presso terzi – assumendo su di sé l’obbligo di custodia e l’obbligo di rendere la dichiarazione – tuttavia tale dovere non può essere esteso fino a rendere il terzo pignorato competente della risoluzione di problemi relativi all’oggetto del pignoramento. In questo senso, l’ABF ha ritenuto che una volta rifluite le rimesse su un conto corrente cointestato, si produce la piena confusione del patrimonio dei cointestatari senza possibilità di distinguere, da parte della banca terza pignorata, il patrimonio personale di ciascuno dei cointestatari, neppure per quote ideali.
Ulteriore motivo che è stato posto a fondamento di tale orientamento risiede nell’applicazione ai casi di pignoramento di rapporti bancari cointestati delle stesse norme previste per il pignoramento di beni indivisi e, in particolare, dell’art. 599 c.p.c. e dell’art. 180 disp. att. c.p.c. Si sostiene quindi che sia onere del Giudice dell’esecuzione provvedere, quando è possibile e quando viene richiesto dal creditore pignorante o dai comproprietari, alla separazione della quota in natura spettante al debitore esecutato, ai sensi dell’art. 600 C.p.c.
Avv. Valerio Pandolfini
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