Il pignoramento presso terzi: oggetto, presupposti, procedura
Attraverso il pignoramento presso terzi, il creditore può pignorare crediti che il debitore vanta nei confronti di un terzo, o cose mobili di proprietà del debitore in possesso di un terzo. Tra i principali crediti sottoponibili a pignoramento presso terzi vi sono i conti correnti, bancari o postali. Questi possono essere individuati tramite indagini svolte da società specializzate. In base alla vigente normativa sulla privacy, è possibile conoscere la movimentazione e l’eventuale inattività del c/c da pignorare. Le somme dovute a titolo di pensione non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. Le somme dovute a titolo di stipendio o altre indennità relative al rapporto di lavoro, nel caso di accredito su conto corrente, possono essere pignorate entro determinati limiti previsti dalla legge.
1. Oggetto del pignoramento presso terzi
Attraverso il pignoramento presso terzi, il creditore può espropriare un rapporto giuridico obbligatorio intercorrente fra il debitore ed un terzo. L’espropriazione presso terzi può infatti avere ad oggetto:
- crediti che il debitore vanta nei confronti di un terzo (fattispecie la più ricorrente e alla quale si farà nel prosieguo riferimento), oppure
- cose mobili di proprietà del debitore che il creditore procedente ritiene si trovino in possesso di un terzo.
Sotto il profilo pratico, i crediti vantati dal debitore possono essere individuati dal creditore effettuando un’analisi patrimoniale, con la quale vengono appunto esaminati tutti i possibili beni del debitore pignorabili.
Tra i principali crediti sottoponibili a pignoramento presso terzi vi sono i conti correnti, bancari o postali. Questi possono essere individuati tramite indagini svolte da società specializzate, le quali possono rintracciare, in un’area geografica limitata o a livello nazionale, i codici ABI e CAB di uno o più conti del debitore e quindi risalire alla località dell’istituto bancario e alla filiale presso cui sono registrati gli importi pignorabili.
Per un approfondimento sul pignoramento del conto corrente, si rimanda all’apposito articolo pubblicato su questo blog.
Per le somme depositate sul conto derivanti da rapporti di lavoro o pensione, si veda il par. 12.
2. I protagonisti della procedura
Al creditore, al debitore e al Giudice dell’esecuzione – figure presenti in ogni procedimento espropriativo – si aggiunge nel procedimento di pignoramento presso terzi, il terzo pignorato (debitor debitoris). Il terzo pignorato è soggetto estraneo all’esecuzione, dunque, non è parte del processo esecutivo. Di conseguenza, il terzo:
- non può eccepire l’impignorabilità del credito o far valere vizi del titolo esecutivo (Cass. n. 9215/2001)
- non può eccepire l’incompetenza per territorio del G.E. (Cass. n. 6762/2001).
- ha diritto solo alla refusione delle spese sopportate per la dichiarazione, non anche agli onorari del difensore (Cass. n. 387/2007).
Tuttavia, il terzo subisce indirettamente gli effetti del processo esecutivo ed è interessato alle vicende processuali che riguardano il pignoramento. Pertanto:
- al terzo deve essere comunicata l’ordinanza di assegnazione, anche ai fini dell’eventuale opposizione ex art. 617 c.p.c.;
- Il terzo è litisconsorte necessario nelle opposizioni aventi ad oggetto la validità/efficacia del pignoramento, in quanto possono comportare la liberazione dal vincolo del pignoramento.
3. Il Giudice competente
Ai sensi dell’art. 26-bis c.p.c., il Tribunale competente per la procedura di pignoramento presso terzi è individuato come segue:
- quando debitore è una Pubblica Amministrazione, è competente – salvo quanto dispongano leggi speciali – il Giudice del luogo di residenza/domicilio del terzo, o, ai sensi dell’ 159 TUEL, il Giudice del luogo di residenza/domicilio del terzo tesoriere;
- in tutti gli altri casi, è competente il Giudice del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore.
4. L’atto di pignoramento presso terzi
L’atto di pignoramento c/o terzi ha la funzione di imporre sul credito del debitore esecutato un vincolo di destinazione per il soddisfacimento del procedente all’espropriazione. In sostanza, si attua una sorta di cessione forzata del credito del debitore esecutato nei confronti del creditore procedente.
L’atto di pignoramento c/o terzi è costituito da due parti distinte:
- una prima parte, proveniente dal creditore, incentrata sulla citazione a comparire del debitore;
- una seconda, dell’ufficiale giudiziario, costituita dalla dichiarazione di pignoramento e dall’intimazione di cui all’art.492 c.p.c. al debitore e al terzo.
L’atto di pignoramento presso terzi deve contenere i seguenti elementi:
- il nome e cognome (o ragione sociale) del creditore, sua residenza (o sede legale) e codice fiscale, indirizzo PEC; nome e cognome dell’avvocato, suo codice fiscale, fax e indirizzo PEC;
- l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto, con nome e cognome (o ragione sociale) del debitore e sua residenza (o sede legale) e codice fiscale;
- l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute;
- l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice, con nome e cognome (o ragione sociale/denominazione) del terzo e sua residenza (o sede legale) e codice fiscale;
- la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente;
- la citazione del debitore a comparire dinanzi al giudice competente con l’invito al terzo a comunicare la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. e con gli ulteriori avvertimenti al medesimo;
- l’indicazione dell’udienza di comparizione (art. 501 c.p.c.);
- l’ingiunzione al debitore ex art. 492, comma 1 c.p.c.;
- l’invito al debitore ad effettuare la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio e il pedissequo avvertimento (art. 492, comma 2, c.p.c.);
- l’avvertimento al debitore ex art. 492, comma 3, c.p.c. (conversione del pignoramento);
- l’avvertimento al debitore della inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione dopo che sia stata disposta l’assegnazione/vendita (art. 615, comma 2, c.p.c.).
Ai sensi dell’art. 551-bis C.p.c. (introdotto dal D.L. n. 19/2024), il pignoramento di crediti del debitore verso terzi perde efficacia dopo dieci anni dalla notifica al terzo del pignoramento. Per conservare l’efficacia del pignoramento, il creditore pignorante o il creditore intervenuto può notificare a tutte le parti e al terzo una dichiarazione di interesse al mantenimento del vincolo pignoratizio nei due anni antecedenti alla scadenza del termine decennale, contente l’indicazione della data di notifica del pignoramento, dell’ufficio giudiziario innanzi al quale è pendente la procedura esecutiva, delle parti, del titolo esecutivo e del numero di ruolo della procedura, nonché l’attestazione che il credito persiste.
Tale dichiarazione di interesse deve essere depositata nel fascicolo dell’esecuzione entro dieci giorni dall’ultima notifica. Se il pignoramento p seguito nei confronti di più terzi, l’inefficacia del medesimo si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificata e depositata la dichiarazione di interesse. In difetto della notifica della dichiarazione di interesse, il terzo è liberato dagli obblighi di custode della notifica della dichiarazione di interesse, il terzo è liberato dagli obblighi di custode previsti dall’art. 546 C.p.c. dopo sei mesi dalla scadenza del termine di efficacia di dieci anni.
E’ stata quindi introdotta una causa estintiva del pignoramento, per favorire l’economia processuale ed evitare la pendenza ad oltranza di una pluralità di procedimenti esecutivi aventi ad oggetto il medesimo credito, i quali non gioverebbero né al terzo né tantomeno al debitore esecutato o ai creditori non ancora soddisfatti.
5. Gli obblighi del terzo pignorato
Il terzo pignorato, una volta ricevuto l’atto di pignoramento, non deve più comparire – come prima della riforma del 2014 – all’udienza presso il Tribunale competente, ma deve comunicare la propria dichiarazione al creditore procedente entro 10 gg dalla notifica dell’atto a mezzo raccomandata o PEC.
Nella dichiarazione il terzo deve specificare (art. 547, primo e secondo comma c.p.c.):
- di quali somme è debitore e quando ne deve eseguire il pagamento in favore del debitore;
- se sono stati effettuati sequestri prima del pignoramento;
- se sono state effettuate cessioni di credito prima del pignoramento;
- se sono stati effettuati pignoramenti sia prima che dopo il pignoramento del credito.
Il terzo non è tuttavia obbligato a rendere tale dichiarazione; la mancata dichiarazione del terzo non comporta l’obbligo di risarcire danni in favore del creditore esecutante. Tuttavia vi sono doveri di collaborazione in capo al terzo, in quanto ausiliario del Giudice. Quindi:
- a seguito del giudizio di accertamento, se è accertata l’esistenza del credito pignorato, il terzo può essere condannato alle spese processuali (Cass. n. 588/1998);
- se il terzo non rende una dichiarazione imparziale, veritiera ed esatta, si espone a responsabilità nei confronti del creditore procedente e al conseguente obbligo di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. (Cass. S.U. n. 9407/1987).
La dichiarazione del terzo, in quanto ha ad oggetto il riconoscimento di un debito verso il debitore esecutato, ha natura di dichiarazione di scienza. Può essere revocata, in caso di errore materiale (incolpevole), finché non sia intervenuto il provvedimento di assegnazione del credito (Cass. n. 10912/2017).
Se l’errore emerge dopo il provvedimento di assegnazione, il terzo ha l’onere di proporre contro l’ordinanza di opposizione ex art. 617 c.p.c. In mancanza l’ordinanza può essere impugnata dal terzo con l’opposizione ex art. 615 c.p.c. solo per motivi impeditivi o estintivi del rapporto sostanziale sopravvenuti alla formazione del titolo.
Ai sensi dell’art. 546 c.p.c. (così come modificato dal D.L. n. 19/2024), dal giorno in cui gli è notificato l’atto di pignoramento, il terzo è soggetto agli obblighi che la legge impone al custode – e quindi ed è tenuto a non disporre delle somme pignorate senza ordine del giudice, per tutta la durata del processo esecutivo – nei limiti dell’importo del credito indicato nell’atto di precetto aumentato di 1.000,00 euro per i crediti fino a 1.100,00 euro, di 1.600,00 euro per i crediti da 1.100,01 euro fino a 3.200,00 euro e della metà per i crediti superiori a 3.200,00 euro.
L’inosservanza dell’obbligo di custodia è sanzionata – salvo che il fatto costituisca reato più grave – dall’art. 388-bis c.p.c. (violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo).
6. Il momento perfezionativo del pignoramento presso terzi
Secondo l’orientamento prevalente, il pignoramento c/o terzi è una fattispecie complessa a formazione progressiva. Infatti:
- con la notifica dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c. nasce il vincolo del pignoramento e l’obbligo di custodia in capo al terzo, il quale da tale momento non può pagare le somme dovute al debitore esecutato senza apposito ordine del giudice (l’eventuale adempimento del terzo nelle mani del debitore esecutato non ha carattere liberatorio);
- il pignoramento si perfeziona in un momento successivo, con la dichiarazione non contestata del terzo o con la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo, con cui viene accertata l’esistenza del bene pignorato ed individuato esattamente il credito.
Di conseguenza:
- dopo la notifica dell’atto di pignoramento non hanno effetto nei confronti del creditore procedente gli atti di disposizione sul credito compiuti dal debitore esecutato (es. cessioni) né i pagamenti o i prelievi da parte del terzo (2917 c.c.);
- con il definitivo perfezionamento del pignoramento (udienza-sentenza) è inopponibile al creditore procedente, ai sensi dell’art. 2917 c.c., anche ogni fatto estintivo del credito (es. compensazione); tuttavia, secondo la giurisprudenza prevalente qualsiasi evento estintivo del credito successivo alla notifica del pignoramento sia inopponibile al creditore procedente;
- se le somme di cui il terzo è debitore al momento della notifica del pignoramento aumentano successivamente (es.: rimesse sul c/c, stipendi), il terzo non può disporre delle sopravvenienze e deve darne conto anche dopo la dichiarazione, fino all’udienza (ordinanza di assegnazione) o la pronuncia con cui il G.E. definisce il giudizio di accertamento (Cass. n. 11642/2014); pertanto, gli obblighi di custodia del terzo permangono fino all’udienza o alla sentenza di accertamento, e il terzo deve inviare una dichiarazione integrativa o comparire in udienza per rettificare la dichiarazione precedente;
- possono essere oggetto di pignoramento anche crediti futuri, condizionati o illiquidi che sorgano o diventino esigibili, dopo la notifica dell’atto di pignoramento, al momento del perfezionamento del pignoramento.
7. La dichiarazione del terzo pignorato
La dichiarazione del terzo pignorato può essere:
- positiva, se il terzo dichiara di essere in possesso di somme dell’esecutato;
- negativa, se il terzo nega di essere in possesso di somme dell’esecutato
In caso di dichiarazione positiva del terzo pignorato, e qualora la stessa non sia contestata dal creditore procedente, il pignoramento è perfezionato e il G.E., sentite le parti (creditore procedente e debitore esecutato eventualmente comparso all’udienza), ordina l’assegnazione o la vendita (art. 552 c.p.c.). In particolare:
- se il credito è esigibile immediatamente, o comunque entro un termine non superiore a 90 gg, il G.E. provvede all’assegnazione, eventualmente previa ripartizione pro quota con i creditori concorrenti (art. 553, 1° comma, c.p.c.);
- se il credito è esigibile in un termine più lungo di 90 gg, l’assegnazione è possibile solo se chiesta concordemente dai creditori, altrimenti il credito verrà venduto con le regole della vendita forzata delle cose mobili (art. 553, 2° comma, c.p.c.) ed insieme col credito verranno trasferite le relative garanzie reali.
Il G.E. può verificare d’ufficio l’idoneità del titolo esecutivo del creditore pignorante e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, potendo anche ridurre l’importo delle somme da assegnare rispetto a quelle precettate ed accertare se la dichiarazione del terzo sia positiva o negativa.
Se il creditore dichiara in udienza di non avere ricevuto la dichiarazione del terzo, il G.E. deve fissare una nuova udienza, e la relativa ordinanza deve essere notificata al terzo almeno 10 gg. prima (art. 548 1° comma c.p.c.). All’udienza:
- se il terzo compare e rende la propria dichiarazione, il G.E. procede in funzione del contenuto di questa ai conseguenti provvedimenti;
- se il terzo non compare o rifiuta la dichiarazione il credito si considera non contestato ai fini del procedimento, se l’allegazione del creditore consente l’identificazione del credito, e il G.E. provvede ai sensi degli artt. 552-553 c.p.c.
8. L’ordinanza di assegnazione
L’ordinanza di assegnazione è titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato, il quale diventa debitore esecutato e deve adempiere tempestivamente.
L’ordinanza di assegnazione trasferisce al creditore assegnatario la titolarità del credito pignorato, che il debitore esecutato aveva nei confronti del terzo assegnato. La cessione del credito avviene “pro solvendo”, quindi non opera l’immediata liberazione del debitore esecutato verso il creditore pignorante, la quale si verifica soltanto con l’effettivo pagamento che il terzo esegua al creditore (art. 2928 c.c.).
Il terzo assegnato può far valere contro il creditore assegnatario le stesse eccezioni che avrebbe potuto far valere contro il debitore originario. Se il credito assegnato deriva da un rapporto sinallagmatico, il terzo assegnato può eccepire al creditore assegnatario l’inadempimento del debitore, anche se emerso dopo il pignoramento (opposizione all’esecuzione).
Secondo la giurisprudenza l’ordinanza di assegnazione acquista efficacia solo nel momento in cui è portata a conoscenza del terzo o nel momento successivo indicato nell’ordinanza. Di conseguenza:
- prima di tale momento il potere del creditore di agire esecutivamente è sospeso (Cass. 2.2.2017 n. 2724);
- il termine dei 20 gg. per l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. decorre da quando il terzo ha conoscenza dell’ordinanza, non dal deposito in cancelleria (Cass. 30.12.2014 n. 27533).
L’ordinanza di assegnazione non ha attitudine di giudicato, è l’atto conclusivo del procedimento esecutivo: non sono più ammesse opposizioni per motivi non attinenti all’ordinanza. Essa può essere impugnata dal terzo:
- con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., per opporre al creditore assegnatario fatti estintivi o impeditivi sopravvenuti all’ordinanza (es. avvenuto pagamento del debito al creditore) o contestare le somme indicate nel precetto;
- con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. per opporre vizi del provvedimento (ovvero: erronea interpretazione del G.E. della dichiarazione, omessa indicazione del terzo di altri pignoramenti, errore del terzo nella dichiarazione circa l’ammontare del credito).
Ai sensi dell’art. 553 C.p.c. (così come modificato dal D.L. n. 19/2024), la notifica dell’ordinanza di assegnazione deve essere accompagnata da una dichiarazione nella quale il creditore indica al terzo i dati necessari per provvedere al pagamento dei crediti assegnati, ovvero: a) il numero di ruolo della procedura, l’indicazione del titolo esecutivo, i dati anagrafici e il codice fiscale del creditore e, se diverso, anche del destinatario del pagamento; b) l’importo dovuto, comprensivo del dettaglio degli interessi, degli accessori e delle spese; c) l’identificativo del conto di pagamento ovvero l’indicazione di altra modalità di esecuzione del pagamento.
L’obbligo di pagamento decorre, per il terzo, dalla notifica dell’ordinanza di assegnazione e della dichiarazione di cui sopra.
I crediti assegnati cessano di produrre interessi se l’ordinanza di assegnazione non è notificata al terzo entro 90 giorni dalla sua pronuncia o dalla sua comunicazione, unitamente alla dichiarazione informativa, ma riprendono a decorrere dalla data della notifica.
L’ordinanza di assegnazione diviene inefficace se non è notificata al terzo entro i sei mesi successivi alla scadenza del termine di cui all’art. 551-bis, primo comma, C.p.c. (10 anni decorrenti dalla notifica del pignoramento ovvero di una dichiarazione di interesse al terzo).
9. L’assegnazione in caso di più creditori o pignoramenti
In caso di pluralità di creditori, il G.E. deve disporre l’accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore, per il tempo ritenuto necessario affinché i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a 3 anni.
Decorso il termine fissato, su istanza di una delle parti o anche d’ufficio, il G.E. dispone la comparizione davanti a sé del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti, con l’eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti, e dispone la distribuzione della somma accantonata tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo.
Il residuo della somma ricavata, dopo l’ulteriore distribuzione o dopo che sia decorso il termine previsto, è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l’espropriazione.
In caso di più pignoramenti presso lo stesso terzo:
- In caso di pignoramento precedente all’udienza fissata per la dichiarazione (artt. 550 e 524 2° e 3° co. c.p.c.), i vari pignoramenti e processi devono essere riuniti e tutti i creditori sono parimenti legittimati;
- in caso di pignoramento successivo all’udienza fissata per la dichiarazione, il creditore successivo è considerato intervenuto tardivamente.
Qualora i crediti siano garantiti da pegno (art. 554 c.p.c.), il G.E. dispone che la cosa data in pegno sia affidata all’assegnatario o aggiudicatario del credito oppure ad un terzo che designa, sentite le parti (art. 554 c.p.c.). In caso di pluralità di assegnatari, l’annotazione è fatta in proporzione ai rispettivi crediti e rispettando eventuali cause di prelazione.
10. Le contestazioni sul credito
Ai sensi dell’art. 549 c.p.c., il G.E., su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo, se:
- sulla dichiarazione del terzo sorgono contestazioni;
- a seguito della mancata dichiarazione del terzo non è possibile l’esatta identificazione del credito.
L’ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c.
L’oggetto del procedimento previsto dall’art. 549 c.p.c. è la verifica del diritto del creditore a procedere all’espropriazione dei beni pignorati. Le contestazioni possono avere ad oggetto:
- il caso in cui il terzo ha reso una dichiarazione negativa;
- il caso in cui il terzo ha reso una dichiarazione parziale (cioè ha dichiarato di essere debitore di una somma inferiore a quella dovuta);
- il caso in cui il terzo ha reso una dichiarazione condizionata (cioè il credito è inesigibile);
- il caso in cui il terzo ha dichiarato che il credito è stato ceduto a terzi.
Con riferimento all’identificazione del credito pignorato da parte del creditore procedente–sulla quale possono sorgere contestazioni ai sensi dell’art. 549 c.p.c. – sono possibili le seguenti ipotesi:
- pignoramento «esplorativo»: il creditore non individua il titolo giuridico del credito pignorato (es. la linea di credito presso una banca o un credito da lavoro). In questo caso il pignoramento non può perfezionarsi nel caso in cui il terzo resti inerte (cioè non renda la dichiarazione);
- pignoramento «intermedio»: il creditore individua il titolo giuridico del credito pignorato ma non precisa l’entità della somma dovuta dal terzo. In questo caso, la mancata dichiarazione del terzo comporta un accertamento implicito in ordine all’esistenza del rapporto di debito/credito ovvero del rapporto di lavoro tra debitore e terzo.
Nel procedimento di cui all’art. 549 c.p.c. si applicano le ordinarie regole in materia di riparto dell’onere della prova: spetta al creditore l’onere di provare il fatto costitutivo dell’obbligo del terzo, mentre quest’ultimo dovrà dimostrare di avere estinto la sua obbligazione prima del pignoramento. Il G.E. può disporre CTU e l’ordine di esibizione di documenti ex art. 201 c.p.c.; non può invece disporre l’interrogatorio formale del terzo pignorato.
11. I crediti impignorabili
Ai sensi dell’art. 545 C.p.c., alcune tipologie di crediti non possono essere pignorati. In particolare, sono assolutamente impignorabili:
- i crediti aventi ad oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri;
- i crediti aventi ad oggetto sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, enti di assistenza o istituti di beneficenza;
- i crediti derivanti da pensioni di invalidità.
Sono invece relativamente impignorabili:
- i crediti alimentari, gli stipendi, i salari e le altre indennità dovute da privati per rapporto di lavoro o di impiego (comprese quelle dovute a causa di licenziamento): questi crediti sono pignorabili per alimenti nella misura determinata con decreto dal Presidente del Tribunale o di un giudice da lui delegato; diversamente sono pignorabili nella misura massima di 1/5 del loro ammontare (v. par. 12);
- i crediti per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, pignorabili nella misura di 1/5 del loro ammontare;
- le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, indennità che tengono luogo di pensione o altri assegni di quiescenza, che non sono pignorabili per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000,00 euro (v. par. 12).
Se concorrono più cause di impignorabilità tra quelle precedentemente menzionate, il pignoramento non può comunque estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.
Sono inoltre relativamente impignorabili, purché le somme siano accreditate su c/c bancario o postale intestato al debitore:
- le indennità relative al rapporto di lavoro privato o di pubblico impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento;
- le prestazioni previdenziali a titolo di pensione o assegni di quiescenza.
Tali somme sono pignorabili:
- nella misura eccedente il triplo dell’assegno sociale, se l’accredito è anteriore al pignoramento;
- nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell’art. 545 c.p.c. nonché dalle speciali disposizioni di legge, se l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente.
Il pignoramento eseguito sulle somme sopra indicate, in violazione dei divieti ed oltre i limiti previsti dall’art. 545 c.p.c., è parzialmente inefficace (limitatamente alla parte eccedente il consentito) e l’inefficacia è rilevabile d’ufficio dal giudice (art. 545, comma nove, c.p.c.).
12. Il pignoramento della pensione e dello stipendio
Ai sensi dell’art. 545 7° comma c.p.c. – così come modificato dall’art. 21-bis della L. 21 settembre 2022, n. 142, di conversione del D.L. 9 agosto 2022, n. 115 (c.d. Decreto Aiuti bis), pubblicata sulla G.U. del 21 settembre 2022 – le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 Euro, mentre la parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e quinto comma dell’art. 545 c.p.c. nonché dalle speciali disposizioni di legge. Per l’anno 2024, l’assegno sociale è pari a 543,41 euro mensili.
Il Decreto Aiuti bis ha quindi introdotto due novità:
- è stato aumentato il limite alla pignorabilità delle pensioni collegato all’ammontare dell’assegno sociale che, invece, di essere pari alla misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà, è oggi corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale;
- è stato previsto il limite minimo di € 1000,00.
L’importo dell’assegno sociale per il 2022 e il 2023 ammonta, nella sua misura piena, rispettivamente, a 469,03 Euro e a 503,27 Euro, per tredici mensilità.
Ai sensi dell’art. 545 8° comma c.p.c., le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nel caso di accredito su conto corrente bancario o postale, intestato al debitore, possono essere pignorate:
- per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento;
- entro i limiti previsti dai precedenti commi dell’art. 545 c.p.c. se l’accredito è avvenuto in data successiva al pignoramento.
La stessa regola si applica sulle somme accreditate sul c/c bancario o postale dovute a titolo di pensione, indennità che tengono luogo di pensione, o assegni di quiescenza.
Ai sensi dell’art. 546 1° comma c.p.c., in caso di accredito su c/c bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, pensione, indennità che tengono luogo di pensione, assegni di quiescenza:
- se l’accredito è anteriore al pignoramento, il terzo è obbligato a custodire solo ciò che eccede il triplo dell’assegno sociale presente sul conto alla data del pignoramento;
- se l’accredito è successivo al pignoramento, il terzo soggiace ai limiti previsti dall’art. 545 c.p.c.
Quindi il terzo deve vincolare:
- per gli stipendi, 1/5 di quanto pervenuto;
- per le pensioni, 1/5 dell’eccedenza rispetto all’importo dell’assegno sociale mensile aumentato della metà;
- per tutti gli altri casi, l’intero accreditamento.
Il pignoramento eseguito oltre i limiti di pignorabilità previsti per i crediti previdenziali e retributivi è affetto da inefficacia, che può essere rilevata dal giudice anche d’ufficio (art. 545 ult. co. c.p.c.). L’inefficacia è solo parziale, cioè limitata alla quota del credito che non era pignorabile.
La cessione volontaria dello stipendio non è opponibile al creditore procedente e la quota pignorabile va calcolata sull’intera somma percepita, come se la cessione non fosse mai avvenuta (Cass. n. 4584/1995).
Ai sensi dell’art. 68 co. 2 D.P.R. n. 157/1980, per i dipendenti pubblici (ma la norma è applicabile anche ai dipendenti privati in base alla L. n. 311/2004), se la cessione volontaria del quinto della retribuzione si è perfezionata prima del pignoramento, può essere pignorata solo la differenza tra la metà dell’intera retribuzione e la quota ceduta, fermo restando i limiti di cui all’art. 2 D.P.R. n. 157/1980 (cioè nei limiti di 1/5, tranne per i crediti alimentari).
13. Come bloccare un pignoramento presso terzi
Per bloccare o comunque evitare un pignoramento presso terzi, è possibile anzitutto raggiungere un accordo con i creditori, soluzione spesso gradita anche a questi ultimi soprattutto in ragione dei costi e tempi della procedura esecutiva.
La proposta di accordo viene generalmente formulata dall’avvocato del debitore e, se accettata, viene formalizzata in un accordo transattivo. Il contenuto di tale accordo è concordato dalle parti; generalmente il debitore si impegna a versare un importo a saldo e stralcio (cioè, una somma ridotta rispetto al credito complessivamente vantato, versata immediatamente o a breve termine) o in modo dilazionato, con correlata rinuncia del creditore alla procedura esecutiva.
In pendenza delle trattative e finché l’accordo non è concluso, l’esecuzione non è sospesa.
Un’altra possibilità per evitare il pignoramento presso terzi è quella di pagare direttamente all’ufficiale giudiziario. L’art. 494 c.p.c. prevede infatti che il debitore può evitare il pignoramento di crediti versando all’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore.
L’art. 495 c.p.c. prevede inoltre che, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può presentare istanza di conversione del pignoramento, chiedendo di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.
A tal fine, il debitore deve depositare in cancelleria, unitamente all’istanza, una somma non inferiore ad 1/6 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti di eventuali intervenuti, dedotti i versamenti effettuati.
La somma complessiva da sostituire al bene pignorato è determinata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza, sentite le parti in udienza, non oltre 30 giorni dal deposito dell’istanza di conversione e se ricorrono giustificati motivi il pagamento può avvenire anche in maniera rateale, entro il termine massimo di 48 mesi.
Ogni 6 mesi il Giudice provvede a pagare il creditore pignorante o a distribuire tra gli intervenuti le somme nel frattempo versate dal debitore. In caso di omissione o ritardo nel pagamento superiore a 30 giorni, le somme già versate entrano invece a far parte dei beni pignorati e ne è disposta la vendita a richiesta dei creditori.
La conversione del pignoramento è generalmente impiegata nelle esecuzioni immobiliari, ma può essere utilizzata appunto anche nel pignoramento presso terzi; in tal caso, tuttavia, non è possibile rateizzare le somme dovute, sussistendo già una somma liquida ed esigibile che deve essere assegnata al creditore in un’unica soluzione.
Il pignoramento presso terzi può essere infine bloccato con una opposizione. Esistono tre diverse tipologie di opposizione, che si distinguono a seconda del soggetto che le propone e soprattutto dei motivi su cui sono fondate:
- l’opposizione all’esecuzione (art. 615 C.p.c.);
- l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.);
- l’opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.).
In ogni caso, l’opposizione non sospende automaticamente il pignoramento, ma è il giudice a doversi pronunciare in tal senso, se ritiene verosimili le contestazioni sollevate dall’opponente. In tal caso, la sospensione può essere disposta sia prima dell’udienza (se ricorre una situazione di urgenza) sia dopo quest’ultima.
Con l’opposizione all’esecuzione, il debitore contesta il diritto del creditore a intraprendere il pignoramento, ritenendo che non ne sussistano le condizioni (per difetto di titolo esecutivo, impignorabilità dei beni esecutati o difetto di legittimazione passiva dell’esecutato).
L’opposizione all’esecuzione può essere proposta fino alla pronuncia dell’ordinanza di vendita da parte del giudice dell’esecuzione, salvo sia fondata su fatti sopravvenuti o l’opponente dimostri di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile.
Se l’esecuzione non è ancora iniziata, l’opposizione si propone come opposizione a precetto; se invece l’esecuzione è iniziata, l’opposizione si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione.
Con l’opposizione agli atti esecutivi, invece, il debitore contesta le modalità con cui è stata intrapresa l’esecuzione, lamentando quindi l’esistenza di vizi formali degli atti del processo esecutivo (vizi di notificazione del titolo o del precetto).
Tale opposizione deve essere proposta entro 20 giorni dal compimento del singolo atto o dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza.
Infine, se il pignoramento colpisca beni che il creditore ritiene di proprietà del debitore ma dei quali è in realtà titolare un terzo (diverso dal terzo pignorato), tale soggetto può proporre opposizione di terzo, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione in pagamento dei beni.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Recupero Crediti
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