L’importanza di analizzare preventivamente la solvibilità del debitore
Un aspetto di centrale importanza per impostare in modo corretto ed efficace il recupero dei crediti aziendali è costituito dall’analisi preventiva di solvibilità del debitore. Si tratta di un’analisi molto spesso sottovalutata o addirittura ignorata, e che invece è assolutamente fondamentale per assicurare all’impresa un rapporto ottimale tra costi e benefici.
Vediamo in che cosa consiste e qual è la finalità di tale analisi.
Se i tentativi di recupero stragiudiziale del credito – effettuati direttamente dall’impresa e dal legale tramite lettere di sollecito e intimazioni ad adempiere – sono fallite, è assolutamente sconsigliabile iniziare direttamente un’azione legale giudiziale per il recupero del credito.
Intraprendere una procedura giudiziale di recupero del credito senza alcuna valutazione preventiva circa la solvibilità del debitore è un po’ come iniziare un viaggio in macchina di notte a fari spenti; così facendo si rischia inutilmente di addossare all’impresa creditriceulteriori costi inutili. In tal modo infatti l’impresa sostiene delle spese legali per il recupero – che possono essere anche ingenti – senza sapere se vi siano probabilità di recuperare il credito, cioè se vi siano beni del debitore da sottoporre a pignoramento.
Senza analizzare preventivamente il grado di solvibilità del debitore, il creditore rischia quindi di subìre un duplice danno: non solo non riesce a recuperare il credito, ma va incontro ad un ulteriore costo (che può essere anche rilevante) dato dalle spese legali, che non potrà in alcun modo recuperare né ammortizzare.
Tale rischio può essere eliminato effettuando appunto un‘analisi preventiva – cioè prima di intraprendere l’azione legale di recupero – circa l’effettivo grado di solvibilità del debitore, in modo da valutare le probabilità di recupero del credito e quindi i possibili benefici di un’azione legale di recupero, in rapporto ai costi legali che essa comporta.
L’analisi di solvibilità può essere condotta con varie modalità ed avvalendosi di vari strumenti. E’ tuttavia opportuno evitare il “fai da te” – che, oltre ad essere dispendioso in termini economici e di tempo, non consente di pervenire a risultati certi ed utili – ed affidarsi a società specializzate in investigazioni. Queste ultime sono in grado di effettuare una vera e propria “radiografia” della complessiva situazione economica e finanziaria del debitore, attraverso la consultazione di banche dati e registri pubblici (Camera di Commercio, Catasto, Conservatorie, PRA, RINA etc.), ma anche e soprattutto utilizzando altre fonti informative non pubbliche (informazioni in loco, presso dipendenti o ex dipendenti, debitori del debitore, informazioni bancarie etc.) utilissime al fine di stabilire l’esistenza di beni utilmente pignorabili dal creditore.
Da tale analisi risulterà se e quali beni (mobili, mobili registrati, immobili) siano di proprietà del debitore, e quindi possano essere pignorati in sede di esecuzione forzata; se contro il debitore siano stati elevati protesti; se contro il debitore siano state iscritte ipoteche o fermi amministrativi (e per quale ammontare); se contro il debitore siano stati trascritti pignoramenti immobiliari; se il debitore abbia venduto beni immobili; se l’azienda del debitore sia stata ceduta o affittata; se l’impresa del debitore sia ancora attiva o meno, etc.
Il complesso delle informazioni raccolte da tali società viene condensato in un report informativo, dettagliato e preciso, che deve essere poi analizzato e valutato con attenzione dal legale, incaricato dall’impresa creditrice. Si tratta di una valutazione molto delicata, in quanto dalla stessa dipende la decisione se e in quali termini sia opportuno agire in giudizio per il recupero del credito.
Ma l’analisi patrimoniale serve anche ad uno altro scopo: quello di far conseguire all’impresa la deducibilità fiscale della perdita sul credito. Se infatti i risultati del report informativo sulla solvibilità del debitore siano valutati in termini negativi dal legale – nel senso che, ad avviso di questi, non vi sono sufficienti probabilità di recuperare, neppure in parte, il credito – tale report, unitamente ad un parere redatto dal legale, può consentire all’impresa di dedurre fiscalmente la perdita sul credito, senza necessità di intraprendere una inutile e costosa azione di recupero.
In sintesi quindi, all’esito delle risultanze del report informativo sulla solvibilità del debitore e dell’analisi effettuata dal legale saranno possibili due diversi risultati:
a) un esito positivo, qualora emerga che il debitore è in possesso di beni sufficienti da garantire che un’azione legale di recupero sia effettivamente fruttuosa;
b) un esito negativo, qualora invece emerga la inesistenza o comunque la non sufficienza di beni in capo al debitore, aggredibili in sede di esecuzione forzata.
Vediamo ora le conseguenze di questi due diversi scenari.
Nel primo caso, – se cioè l’analisi di solvibilità del debitore ha dato esito positivo – è senz’altro opportuno intraprendere il recupero del credito in via giudiziaria. E’, anzi, opportuno intraprendere tale azione tempestivamente, perché con il passare del tempo i dati e le informazioni ottenute in ordine alla situazione del debitore e ai beni aggredibili in via esecutiva potrebbero cambiare (ad es., il debitore potrebbe andare incontro a pignoramenti, protesti, potrebbe cedere l’azienda, essere dichiarato fallito etc.).
In altri articoli di questo blog, analizzerò le modalità con cui si può procedere al recupero del credito in via giudiziaria (ottenimento di un titolo esecutivo, esecuzione forzata etc.). Ora voglio concludere l’argomentazione.
A questo punto, l’impresa dovrà sostenere dei costi legali per l’attività di recupero intrapresa dal legale. Si tratta tuttavia di costi che, in un’ottica imprenditoriale, sono giustificati dal fatto che, sulla base dell’analisi di solvibilità del debitore già effettuata, vi sono ragionevoli probabilità che il credito possa essere recuperato, ivi inclusi i costi che l’impresa deve anticipare.
Inoltre, tali costi possono essere notevolmente ridotti, in quanto è possibile prevedere che il compenso del legale sia corrisposto, in buona misura, in percentuale su quanto verrà effettivamente recuperato dall’impresa. Ciò è appunto possibile perché l’analisi di solvibilità del debitore effettuata tramite il report informativo ha dato esiti positivi, e quindi vi sono buone probabilità di recupero del credito.
Se invece l’analisi di solvibilità del debitore abbia dato esito negativo – e dunque non risultino, o quantomeno non risultino con sufficienza, beni del debitore sottoponibili a pignoramento – occorre valutare attentamente se sia opportuno o meno intraprendere un’azione legale di recupero del credito, tenendo sempre presente l’ottica costi/benefici, cioè l’esigenza di assicurare un effettivo vantaggio all’impresa, al minor costo possibile.
Quando le probabilità di recuperare il credito sono scarse, o addirittura inesistenti, è infatti spesso opportuno evitare di intraprendere un’azione legale di recupero – che comporta per l’impresa l’esborso di costi legali inutili – e puntare invece ad ottenere il beneficio fiscale connesso alla perdita del credito, senza far subire all’impresa ulteriori esborsi.
Qualora, tuttavia, il credito da recuperare sia di importo notevolmente elevato – rendendo in tal modo impossibile dedurre fiscalmente la perdita senza procedere ad un tentativo di recupero giudiziale – o, comunque, qualora l’impresa ritenga di acquisire comunque un titolo esecutivo e fare un tentativo di pignoramento, si procederà in ogni caso con l’azione giudiziale, fermo restando che, in tal caso, i costi legali dovranno essere corrisposti dall’impresa in misura fissa e non in percentuale, come invece accade in caso di report patrimoniale positivo.
Avv. Valerio Pandolfini
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