L’ultima spiaggia per il creditore: il fallimento
Cosa accade se il debitore non possiede beni aggredibili in sede di esecuzione forzata, o tali beni non sono sufficienti a consentire il soddisfacimento del credito (ad es. perché di esiguo valore o perché già pignorati o ipotecati)?
In tal caso il creditore ha una sola possibilità: chiedere il fallimento del debitore. Ma si tratta in realtà di una opzione non certo favorevole per il creditore. Vediamo perché.
Prima di tutto, non tutti i soggetti possono essere dichiarati falliti. A tal fine occorrono infatti una serie di condizioni. Occorre infatti che il debitore:
- abbia avuto, nei tre esercizi precedenti, un attivo patrimoniale complessivo annuo superiore a Euro 300.000;
- abbia avuto, sempre nei tre esercizi precedenti, ricavi lordi complessivi annui superiori a Euro 200.000;
- abbia debiti complessivi superiori a Euro 500.000;
- il credito per il quale il creditore istante agisce deve essere superiore a Euro 30.000,00.
Dichiarato il fallimento dal Tribunale, il debitore viene estromesso dalla gestione in quanto allo stesso subentra un curatore fallimentare, il cui compito principale è ricostituire l’attivo fallimentare (vendendo i beni del debitore o incrementando la massa fallimentare attraverso l’esperimento di revocatorie o azioni di responsabilità nei confronti degli ex amministratori e sindaci) e pagare i creditori del fallito secondo l’ordine dei privilegi previsto dalla legge (in primis lo Stato – ad es. per tributi non pagati, quindi i dipendenti, etc.).
Il creditore concorrerà quindi con gli altri creditori del debitore fallito nella distribuzione del ricavato dalla liquidazione dell’attivo fallimentare, nel rispetto dell’ordine di prelazione, cioè della “graduatoria” dei creditori stabilita dalla legge. Ciò significa che, se il creditore è chirografario – come normalmente accade – le probabilità di ottenere il soddisfacimento del credito sono esigue; sempre che un attivo fallimentare da distribuire ai creditori sussista (il che non sempre accade).
Pertanto, l’unico risultato utile che spesso (non sempre, ovviamente) il creditore ottiene è quello di portare in deduzione la perdita sotto il profilo fiscale.
Una ben magra consolazione, ma sempre una consolazione ..
Avv. Valerio Pandolfini
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